La rivincita di Loredana Bertè È suo il tormentone dell’estate
La festa Power Hits di Rtl: «Non ti dico no» si piazza al primo posto
VERONA È stata l’estate di Loredana Bertè. Anche dei Boomdabash, la band che l’ha voluta per «Non ti dico no», il tormentone di questi mesi. Ma soprattutto di Loredana. Che è tornata protagonista dopo tanti anni passati sotto traccia. Una rivincita? «I cinesi dicono che i nemici vanno aspettati sulla riva del fiume», commenta lei con diplomazia, capelli blu e solita grinta.
A incoronare «Non ti dico no» è stata Power Hits Estate, sfida fra tormentoni ideata da Rtl 102.5. Ieri sera finale all’arena di Verona, vincitore deciso con un doppio binario: la classifica dei passaggi radiofonici certificati da Earone sulle principali emittenti e i voti del pubblico arrivati al sito di Rtl.
Una festa di fine estate, un nuovo Festivalbar. C’erano tutti, trasversali per generazioni e generi: Biagio Antonacci in apertura che dedica «Mio fratello» al generale Dalla Chiesa (nel 36° anniversario dalla morte), Luca Carboni, Renato Zero con una versione dance di «Il triangolo», Sfera Ebbasta, Ghali, Emma, Malika, Annalisa, Rovazzi, Le Vibrazioni, Fabrizio Moro e Ultimo, Guè Pequeno e star internazionali come Thirty Seconds to Mars e Alvaro Soler. L’anno prossimo potrebbe anche pensare di allargarsi con appuntamenti di avvicinamento, come era appunto il Festivalbar.
Altri successi. Takagi & Ketra con Giusy Ferreri per «Amore Capoeira» hanno vinto il premio Fimi per le vendite e quello Siae per il brano più suonato in giro. È stata anche l’estate dei due produttori. Ultima statuetta, quelle di Pmi (le etichette indipendenti) a «Felicità puttana» dei Thegiornalisti.
Loredana ha vinto, ma si diverte a partecipare al gioco del tormentone. Io adoro «No Roots» di Alice Merton (anche la cantante tedesca ieri era all’arena, ndr). Un brano che spacca. Lei è bravissima e l’arrangiamento è spaziale». «Non ti dico no» ha un doppio gancio — il ritmo in levare e il richiamo alla luna nel testo — che ricorda «E la luna bussò», la sua hit del 1979. «Quella nasceva da un mio viaggio in Jamaica. Un giorno seguii la corrente della folla e mi ritrovai ad un concerto. Sul palco c’era un tipo fantastico con i capelli rasta, lunghi fino ai piedi. Cantava “Exit Us”. Era Bob Marley. Mi comprai tutti I suoi dischi e tornai in Italia. Studia, dissi al mio produttore di allora... Ecco come siamo arrivati a quel brano». Loredana protagonista anche per un altro riconoscimento, quello dato a hit che hanno segnato estati del passato: «Lascia che io sia» di Nek, «Parlami d’amore» dei Negramaro, un medley di J-AX e la sua «Non sono una signora».
«Non ti dico no» è una dichiarazione di disponibilità, di voglia di avventura. Ma c’è qualcosa che alla Loredana di oggi invece non va giù? «Dico no all’apparenza, no agli artisti costruiti e con troppe persone che gli dicono sì e sovrastrutture. Troppa musica inutile. Dico invece sì agli artisti e alle persone vere». C’è un disco nuovo in arrivo. «Ci sarà la Loredana di sempre: diretta, vera, grintosa ma anche riflessiva. Fossati, Curreri, Ilacqua, Pulli sono gli autori che hanno collaborato con me. Molti brani sono autobiografici, li ho firmati anche io». Insieme Loredana Bertè (67 anni) spunta in mezzo ai Boomdabash, il gruppo musicale di origine salentina. Il loro brano «Non ti dico no» è il tormentone dell’estate per violino di Cajkovskij (solista un Sergej Krylov dal suono rotondo e cantabile) con i suoi motivi tratti dal canto popolare, e L’uccello di fuoco, il primo dei sommi Balletti di Stravinskij. La direttrice Marin Alsop arricchisce poi la serata con un curioso «aperitivo», ossia la versione per orchestra curata da Victoria Borisova Ollas del più celebre episodio («Sogno») delle pianistiche Scene infantili di Schumann, con il corno inglese, il flauto e la spalla che si alternano nel canto sopra un tappeto di tremoli dell’orchestra. Pezzo curioso. Non ci sono Jurij Temirkanov e la Filarmonica di San Pietroburgo, come spesso in passato a Mito, ma le esecuzioni sono godibili lo stesso. Pulito, composto, ma attraversato da un’espressività proprio «alla russa» è il Concerto di Cajkovskij, mentre nel Balletto (non le Suite che ne furono tratte e che più spesso si eseguono) Alsop trova un passo drammatico che non dà troppa enfasi al contenuto favolistico del brano ma ne svela la complessa architettura, fatta di episodi di invenzione strepitosa e di non meno strepitosa vivacità ritmica. Moltissimi applausi.
Il commento L’artista: «I cinesi dicono che i nemici vanno aspettati sulla riva del fiume»