Quagliarella e i gol d’essai «Il mio calcio arte di strada»
L’amore di Fabio Quagliarella per l’impossibile nasce dalla strada. Lo aveva raccontato lui stesso al Corriere un anno e mezzo fa, appena uscito da quella tremenda storia di uno stalker che gli aveva rovinato la vita e il rapporto, poi ricomposto, con la sua Napoli: «È la scuola della strada, dove stavo a giocare 12 ore al giorno da bambino...». È lì che l’artista ha modellato la sua irripetibile poetica: «Se pensi troppo rischi di sbagliare, in strada non succede».
Strada è leggerezza, voglia di osare, libertà. In strada nessuno ti fischia se la spedisci al lampione; in compenso, se la metti, diventi subito l’idolo, il leader, la pietra di paragone dei racconti al campetto nei secoli dei secoli. Come al playground di Rucker Park ad Harlem ricordano le schiacciate di Julius Erving che cambiarono il basket, così a Castellammare rievocano il Quaglia touch: «Ti ricordi che fenomeno? Per forza è arrivato dov’è arrivato...».
A 35 anni, dopo 9 maglie indossate, 25 presenze in Nazionale, 3 scudetti vinti (con la Juve di Conte) e 128 gol in serie A che ne fanno il migliore dei bomber in attività, Fabio è dunque il maestro riconosciuto e indiscusso del gol d’autore. Bomber d’essai. L’antonioni dell’area di rigore ma non solo, visto che alcuni dei suoi colpi più belli sono arrivati da metà campo, con palla ferma o in movimento, fronte alla porta o di spalle, in rovesciata. Forse bendato.
L’ultimo capolavoro domenica con la Sampdoria contro il Napoli è sicuramente uno dei suoi più esplosivi perché il tacco volante con la palla tra le gambe è proprio un unicum, l’evoluzione — praticabile solo da pochi eletti — del tacco normale. Sul web si trovano numeri analoghi di Cristiano Ronaldo col Portogallo, di Del Piero con la Juve al Torino, di Amantino Mancini (quasi in fotocopia) con la maglia della Roma contro la Lazio. Uno
step ulteriore rispetto pure al celeberrimo tacco di Roberto Mancini con la Lazio contro il Parma. Un gesto che ha a che fare non solo con il calcio ma con la danza e il jazz: improvvisazione da strada, appunto, dove si tirava tardi non a studiare pressing e diagonali, ma a farsi tacchi & tunnel.
Ovviamente, non è solo tutto istinto. Proprio il c.t. azzurro, oltre ad applaudire Quagliarella, ha aggiunto ieri che «l’esperienza lo ha maturato». E infatti, come sempre, qui c’è anche studio e approfondimento: «Bisogna usare entrambi i piedi e parlare coi portieri — raccontava un giorno Fabio —: io lo faccio tantissimo con i miei compagni: li studio. Voglio riuscire a capire che cosa si aspettano da un attaccante, e così preparo le mie mosse...».
Le potremmo dunque definire improvvisazioni studiate. «Quando è arrivato il cross — ha spiegato domenica — ho pensato di prenderla di tacco e mi è andata bene». Ma ha realizzato subito che l’aveva presa come si doveva. Lo si capisce dalla reazione, dopo: non sorpresa, ma consapevole. Contenuta per quell’abitudine a non festeggiare mai contro le ex (nel suo caso, quasi sempre); signorile nel consolare l’allibito portiere del Napoli, Ospina; umana poi nel dedicarlo su Instagram alla gente di Genova.
Nel portfolio di una carriera l’artista l’ha archiviato non come il suo gol più bello «ma per forza tra i primi tre». Il problema è che scegliere è difficile: «Con la Samp da centrocampo, con il Napoli, con la Nazionale... Qualche soddisfazione me la sono tolta». Talmente belle che quando sente il rimpianto di «avere segnato meno di quanto avrei dovuto» sa come consolarsi: «Meglio essere ricordato per la bellezza dei tuoi gol che per il numero. I gol semplici io non me li ricordo...».