Lawrence d’arabia, kolossal ambiguo e non convenzionale
L awrence d’arabia, che vinse nel ’62 sette Oscar, è il film più assolato della storia del cinema e uno dei kolossal più ambigui e meno convenzionali. David Lean, regista british, è autore di opere costose, fastose, mai esteriori: partendo dall’intimista Breve incontro, mise poi in scena bestseller centrati su famosi fatti di storia. Ne fa parte Lawrence (tratto dai 7 pilastri della saggezza del multiforme militare, archeologo, scrittore, agente segreto) ed altri da Il dottor Zivago a La figlia di Ryan, dal Ponte sul fiume Kwai a Passaggio in India, anche con nobili ascendenze letterarie. Ma le imprese di Thomas Edward Lawrence, nativo del Galles, 1888-1935, di stanza nel quartier generale britannico al Cairo, che diventò guida materiale e spirituale del popolo arabo conducendoli all’unità nazionale contro i turchi, hanno qualcosa in più. Dal punto di vista storico, geografico e politico è un’impresa che nessuno aveva tentato e che Lean risolve senza trafiggere la verità ma osservandola anche dal palco della storia, a distanza non più ravvicinata, come la morte per caso in moto dell’eroe, caduto in disgrazia. Esperienza di masse e folle, cammelli e tende, soprattutto del deserto, portano Lean a dirigere un film affascinante, unico. Lo si rivede ora in edizione restaurata, che restituisce il potere della musica di Maurice Jarre e riflessi magnifici desertici di Giordania, Marocco e Spagna. L’asso nella manica fu il giovane e compianto Peter O’toole, allora 30enne, nuovo attore inglese biondo e malinconico (Oscar alla carriera solo nel 2003), che agguanta a perfezione l’ambiguità di Lawrence agente segreto di sua maestà come James Bond, lasciando però spazio anche al coevo deb Omar Sharif, egiziano fisicamente di segno opposto. Nel cast, ospiti di super produzioni, da Guinness a Quinn, da Hawkins a Rains, tutti insieme per 3 ore e 40’ appassionanti: non guarderete mai l’orologio.
Lawrence d’arabia, di David Lean, 1962
Sky Classic, ore 21