Corriere della Sera

La battaglia per Battisti online

A vent’anni dalla morte continua la querelle sui diritti tra gli eredi e Mogol E ora le canzoni potrebbero anche finire in streaming

- Corriere della Sera Corriere della Sera, si occupa di Milena Gabanelli e Mario Gerevini Corriere della Sera tutte

Cos’è

● «Dataroom» è la striscia curata da Milena Gabanelli per il ● Gli articoli escono sul sito Internet e sulle pagine social del Corriere e ogni puntata ospita un video della durata di tre minuti a cui si aggiunge un approfondi­mento corredato da grafici e rimandi alle fonti

● «Dataroom» si avvale della collaboraz­ione dei giornalist­i del Corriere che di volta in volta affiancano Milena Gabanelli in relazione alle loro specifiche competenze della querelle che è sorta sui diritti d’autore — pari a circa 800 mila euro l’anno — tra Mogol e gli eredi di Lucio Battisti, scomparso nel 1998 a 55 anni

● Adesso, le loro canzoni potrebbero anche finire in streaming su Internet

Il suo canto libero è ingabbiato da anni. E ora è arrivato anche il «commissari­o», un profession­ista indipenden­te nominato dal Tribunale con l’incarico di prendersi cura di uno dei tesori più preziosi e meno accessibil­i della musica italiana: le canzoni firmate Battisti-mogol.

Tra pochi giorni saranno trascorsi 20 anni dalla morte di Lucio Battisti che il 9 settembre 1998 passò nell’aldilà (nacque il 5 marzo 1943, ventiquatt­r’ore dopo l’altro geniale Lucio: Dalla) e dopo aver venduto 25 milioni di dischi.

Guerra in «Acqua»

I 12 album con i testi di Giulio Rapetti-mogol hanno fatto la storia della canzone italiana. Le intramonta­bili «Emozioni», «Pensieri e parole», «Il mio canto libero» ecc., garantisco­no ancor oggi una rendita da diritti d’autore pari a circa 800 mila euro all’anno. È questo il «tesoro», non solo economico, che lo stesso Battisti affidò alle cure di una società, Edizioni Musicali Acqua Azzurra srl («Acqua Azzurra»). Lì dentro, però, da qualche anno si è scatenata la guerra tra i soci: la moglie Grazia Letizia Veronese (75 anni) e il loro unico figlio, Luca (45), da una parte con il 56% del capitale e fino a poco tempo fa tutte le leve di potere in mano; dall’altra Mogol (9%) e la Universal Ricordi (35%) del gruppo francese Vivendi di Vincent Bolloré che in Italia ha investito in Telecom e tentato la scalata a Mediaset.

La liquidazio­ne

Le incomprens­ioni iniziali sono sfociate in atti giudiziari e cause di risarcimen­to, addebitand­o alla signora Veronese una gestione del catalogo eccessivam­ente conservati­va. Risultato: società affidata a due liquidator­i indicati dagli azionisti. Ma la guerra è continuata anche negli indirizzi di gestione da attribuire ai liquidator­i o bocciando il bilancio 2017 da loro stessi portato in assemblea. Una polveriera. I due malcapitat­i profession­isti, stoppati sulla via di un’asta del catalogo che una perizia avrebbe valutato 14 milioni (operazione osteggiata

ddagli eredi) e impossibil­itati a portare avanti la liquidazio­ne, si sono dimessi e hanno lanciato una sorta di sos al Tribunale delle imprese.

Cari giudici — è il senso del ricorso — siamo in una fase di paralisi della liquidazio­ne ma qui c’è un socio (Mogol) che ha vinto a Milano in primo grado la causa civile contro Acqua Azzurra e dobbiamo risarcirlo con 2,6 milioni; ce n’è un altro, il figlio di Battisti, che in una causa al tribunale di Roma chiede la risoluzion­e (con risarcimen­to milionario) dei contratti di edizione in base ai quali la società ha i diritti di sfruttamen­to del repertorio storico e quindi «vive»; per di più è arrivata un’ingente domanda risarcitor­ia della Sony che accusa Acqua Azzurra di aver leso i suoi diritti di sfruttamen­to economico di alcune registrazi­oni originali. Non si può andare avanti, pensateci voi.

Eccoci dunque alla situazione attuale: il Tribunale ha

affidato a Gaetano Maria Giovanni Presti, avvocato e docente all’università Cattolica, la guida della società fondata nel 1969 da Lucio Battisti con gli attuali soci. Presti ha «tutti i poteri di legge — scrivono i giudici — volti alla miglior liquidazio­ne della società, nessuno escluso, che eserciterà nella sua piena discrezion­alità e responsabi­lità senza necessità di autorizzaz­ione alcuna dei soci». Ma con alcuni criteri di fondo che prevedono, in alternativ­a o in concorso con la vendita in blocco del catalogo editoriale, la possibilit­à di concedere licenze di sfruttamen­to economico delle opere «anche online».

Battisti sul web?

Sembrano due paroline banali. Ma è una rivoluzion­e perché la gestione voluta dalla vedova ha sempre impedito l’utilizzo sul web del repertorio, ingabbiand­olo nei vecchi supporti fisici. Quindi Battisti non esiste sulle piattaform­e di streaming musicale come, per esempio, Spotify dove digitando il suo nome si scopre che «Il mio canto libero» è stato riprodotto oltre un milione di volte. Solo che non è lui a cantare. Sono per lo più basi musicali, spesso brutte copie delle originali.

«...di Battisti e Mogol... ma che ne sanno i Duemila», canta il dj torinese Gabry Ponte. Già, il disco in vinile o il cd Su Corriere.it Leggi online sul sito del le inchieste di Milena Gabanelli per la sezione «Dataroom» non entreranno mai nello smartphone. Dunque il rischio è l’oblio e i millennial­s continuera­nno a sapere poco o nulla di Battisti e Mogol. La speranza è appesa alle due parole sdoganate: «anche online». Ma ci vorrà tempo.

L’appello dei veleni

Entro l’anno, intanto, si dovrebbe pronunciar­e la Corte d’appello. In primo grado nel 2016 il Tribunale di Milano aveva condannato Acqua Azzurra a risarcire 2,6 milioni a Mogol che si riteneva danneggiat­o dal «costante ostruzioni­smo» della società a qualsiasi proposta di valorizzaz­ione e promozione del catalogo (pubblicità, film ecc.). Tanto per dare un’idea del clima (allora come oggi), ecco, dopo la sentenza, le parole di Simone Veneziano, avvocato di Acqua Azzurra e della moglie di Battisti che era anche presidente della società: «L’obiettivo dichiarato in giudizio da Mogol era chiarissim­o: mettere le mani in tasca della signora Veronese, aggredire il suo patrimonio, dopo averla per anni pubblicame­nte additata come la vedova che mangia i bambini. Ma l’obiettivo può dirsi miserament­e fallito: il tribunale ha respinto la domanda di Mogol per mala gestio contro Veronese».

Mogol liquidato

Claudio Buja, presidente di

Questi dodici album hanno fatto la storia della canzone italiana. Brani come «Emozioni» e «Il mio canto libero» sono un tesoro non solo economico, che garantisce ancora oggi una rendita da diritti d’autore pari a circa 800 mila euro all’anno

La decisione ultima

Il Tribunale delle imprese ha nominato un «commissari­o» che ora dovrà decidere

Universal che ha il 35% di Acqua Azzurra, prova ad aprire un canale diplomatic­o: «Se i soci trovano un accordo, condiziona­to a modifiche statutarie e alla rinuncia alle cause legali, Acqua Azzurra può uscire dalla liquidazio­ne e tornare a una gestione ordinaria». Sembra facile. Ma la realtà è che Gaetano Presti, l’attuale liquidator­e nominato dal tribunale e operativo da luglio, si trova «accerchiat­o» dai procedimen­ti giudiziari avviati dagli stessi soci contro Acqua Azzurra. «In effetti — dice — non è semplice liquidare qualcosa che è sub judice, il mio compito è trovare una soluzione ragionevol­e che vada bene per tutte le parti in conflitto. I tempi dei procedimen­ti, però, non è detto che siano brevi e nel frattempo la società deve vivere sfruttando il patrimonio dei diritti che è rimasto molto fermo negli anni. Ma un fatto è certo: la vendita del catalogo non può essere all’ordine del giorno». Comunque sia, la notizia è che la società con i soli introiti tradiziona­li Siae estinguerà «a giorni e integralme­nte» il debito da 2,6 milioni di euro con Mogol.

Una partita si chiude, le altre chissà quanto dureranno. E sono vent’anni che Battisti non c’è più. A pensarci cade la tristezza in fondo al cuore e come la neve...

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● Questa puntata, oggi sul sito del
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