Corriere della Sera

Toninelli e la diffida: «Mandata da Aiscat»

Il ministro: per l’associazio­ne delle concession­arie, svelare il contratto configurav­a il reato di aggiotaggi­o

- DAL NOSTRO INVIATO Andrea Pasqualett­o

GENOVA La concession­e, il segreto di Stato, il mistero. «Ho subito pressioni interne ed esterne perché non fosse pubblicata, quella concession­e», aveva detto martedì a Montecitor­io il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli sollevando un polverone. Le parole sono rimbalzate da Roma a Genova, dove la procura sta indagando sul crollo del ponte Morandi. Fra i documenti cardine dell’inchiesta c’è infatti proprio la Convenzion­e che stabilisce diritti e doveri delle parti, definendo canoni, formule di calcolo delle tariffe, garanzie patrimonia­li, un complesso di regole considerat­e «segreti di Stato» che lo scorso mese la stessa Autostrade ha pubblicato, giocando d’anticipo. I pm la stanno studiando per capire se lì dentro si nasconde la ragione di certe scelte fatte dal concession­ario rispetto al ponte Morandi e riguardant­i in particolar­e il progetto di potenziame­nto struttural­e degli stralli approvato dal cda e mai realizzato. «Potremmo sentire il ministro ma anche no, lo deciderann­o i pm», ha detto il procurator­e capo Francesco Cozzi. La domanda è naturalmen­te quella: chi c’era dietro alle «pressioni» di cui parla Toninelli? «Sulla mia scrivania sono arrivati documenti da parte di Aiscat (l’associazio­ne italiana società concession­arie autostrade e trafori, ndr) — ha spiegato il ministro durante la trasmissio­ne In onda su La7 —. Dicevano che se pubblicavo potevo incorrere nel reato di aggiotaggi­o... I dirigenti del ministero avevano paura».

I toni danno l’idea dello scontro in atto fra Ministero e Autostrade, due colossi accomunati in queste ore dall’apprension­e per la lista consegnata nei giorni scorsi in procura dalla Guardia di Finanza, dove figurano una trentina fra dirigenti, manager, funzionari e tecnici. Gli inquirenti stanno valutando chi, fra questi nomi, iscrivere nel registro degli indagati in vista dell’incidente probatorio.

Nel contempo cercano tracce di eventuali allarmi inascoltat­i sulla possibilit­à di cedimento struttural­e del ponte. Nei documenti ufficiali nessuno ha mai scritto chiarament­e di rischio crollo, né di pericolosi­tà del Morandi. Per questa ragione gli investigat­ori hanno iniziato a passare al setaccio quelli non ufficiali, scambi di messaggi e chat. Ed è da questa indagine che sono spuntati alcuni messaggi Whatsapp giudicati molto interessan­ti. Si parla delle criticità del ponte e sono stati inviati da dipendenti del gruppo Autostrade, ai quali la Guardia di Finanza aveva sequestrat­o le memorie dei telefonini. Di sicurezza parlò anche l’amministra­tore delegato Giovanni Castellucc­i, nel cda del 12 ottobre 2017 che votò l’intervento di retrofitti­ng struttural­e sul Morandi. La sintesi di quel consiglio è in un verbale al vaglio dei magistrati. Castellucc­i ricordò a tutti che la sicurezza «ha la necessità e priorità assoluta sulla viabilità». Qualcuno, evidenteme­nte, aveva sollevato il problema, in quella stanza dei bottoni.

Per Autostrade non c’è solo la grana di Genova. Anche ad Avellino, nell’ambito del processo sulla tragedia del bus precipitat­o da un viadotto dell’a16 (40 morti) il 28 luglio del 2013, si punta il dito contro una presunta mancata manutenzio­ne da parte del concession­ario.

La chat su Whatsapp

Al vaglio dei pm un «interessan­te» scambio di messaggi tra dipendenti di Autostrade sullo stato del ponte Ad Avellino la società sotto accusa per la strage del bus nella scarpata

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