Ciclone Woodward sulla Casa Bianca Il capo dello staff ora rischia il posto
NEW YORK John Kelly, l’ex generale divenuto il braccio destro di Donald Trump (capo di gabinetto) si sfoga sul presidente: «È un idiota. Inutile cercare di convincerlo di qualcosa. Questo è un posto di pazzi: non so che ci stiamo a fare, qui. È il peggior lavoro che ho avuto in vita mia». È solo uno dei tanti sfoghi esplosivi di Fear (paura), il nuovo libro di Bob Woodward sulla Casa Bianca che uscirà negli Usa il prossimo 11 settembre.
La sapiente anticipazione delle frasi più taglienti pronunciate dal leader e dai suoi collaboratori e di alcuni episodi mozzafiato, se veri (Trump che, dopo l’attacco siriano con armi chimiche, avrebbe chiesto a un Mattis recalcitrante di uccidere Assad, l’ex consigliere economico Gary Cohn che avrebbe fatto sparire dalla scrivania presidenziale, prima della firma, una lettera che faceva saltare i rapporti commerciali tra Usa e Corea del Sud, una minaccia per la sicurezza nazionale, secondo Cohn) ha prodotto una tempesta politica che da due giorni spazza Washington.
Le smentite di rito
L’epicentro, ovviamente, è la Casa Bianca dove Trump, descritto come una bomba a orologeria che i collaboratori cercano di disinnescare, all’inizio ha liquidato quello dell’«eroe» del Watergate semplicemente come «un altro libro pieno di cattiverie». Poi, rendendosi conto che Woodward è un monumento del giornalismo (autore, insieme a Carl Bernstein, dell’inchiesta che costrinse Richard Nixon alle dimissioni), uno
che a Washington parla con tutti, ha capito che Fear per lui può avere conseguenze peggiori di Fuoco e Furia, il libro di Michael Wolff. Così il presidente ha smentito con più forza, ha parlato di «storie fabbricate a tavolino», ha accusato Woodward di essere un attivista democratico che vuole danneggiare la destra alla vigilia delle elezioni, mentre anche Kelly e il ministro della Difesa, Mattis, hanno smentito tutto.
Ma la tempesta continua: ben pochi, anche tra i repubblicani, credono che Woodward — un giornalista stimato da Trump che gli aveva detto: «Sei sempre stato corretto con me» — si sia inventato tutto.
Kelly al capolinea?
Sono molti a pensare che il caso farà precipitare il rapporto tra i presidente e il suo chief of staff. Kelly a luglio aveva tamponato le voci di sua uscita affermando: «Resto fino al 2020». «Vedremo dopo il voto di midterm» aveva replicato allora Trump, secondo indiscrezioni. Altra crisi pochi giorni fa. Kelly propone a Trump un messaggio di cordoglio per la morte di Mccain, definendolo un eroe. Il presidente rifiuta. E si arrabbia con Kelly, più che per il messaggio, per il fatto che il caso trapela sulla stampa. Ora Woodward può aver messo la pietra tombale sul rapporto tra i due.
Trump arancione
Il libro rivela il gran lavoro degli avvocati per fare muro col procuratore Mueller che vorrebbe interrogare il presidente, ma anche con Trump, che vuole testimoniare e incontrarlo faccia a faccia. «Non parli con lui, rischia di finire con un orange jumpsuit (la casacca dei detenuti in isolamento)» gli dice John Dowd, un legale convinto che Trump sia incapace di dire la verità.
«Topi, ritardati»
Oltre alle critiche a Trump, nel libro anche i giudizi sferzanti del presidente sui suoi collaboratori. Jeff Sessions, il ministro della Giustizia è «un ritardato mentale, un meridionale stupido» (Trump smentisce, soprattutto per dire che quelli del Sud a lui piacciono). A Rudy Giuliani che lo aveva difeso in modo, secondo lui, debole: «Sei come un neonato, ti devono cambiare il pannolino: quando diventerai un uomo?». Dell’ex capo del Consiglio per la sicurezza nazionale, Mcmaster: «Si veste come uno che vende birra», mentre l’ex capo di gabinetto Reince Priebus è «un piccolo ratto che scorazza sul pavimento».