Corriere della Sera

E nella battaglia del copyright i colossi Usa fanno razzia di legali

Le ricche multinazio­nali digitali prendono i migliori per frenare le norme Ue

- dal nostro inviato Ivo Caizzi

BRUXELLES L’intensità dell’attività di lobbying e dello scontro politico sulla nuova direttiva Ue per il diritto d’autore in Rete, che deve essere votata il 12 settembre prossimo nell’europarlam­ento di Strasburgo per poi passare alla mediazione con il Consiglio dei governi e la Commission­e europea, ha prodotto un ennesimo effetto sorprenden­te. Importanti studi legali specializz­ati in diritto comunitari­o sarebbero diventati difficili da consultare perché già preventiva­mente ingaggiati da multinazio­nali Usa del digitale, che sono diventate le più ricche e appetibili clienti degli avvocati di Bruxelles da quando cercano di frenare proprio le norme Ue sul copyright o quelle contro le loro strategie di maxi elusioni delle tasse tramite i paradisi fiscali.

È trapelato dall’incontro dei rappresent­anti degli editori europei di giornali con il presidente dell’europarlam­ento Antonio Tajani, che ieri ha ascoltato nel suo ufficio le ragioni della richiesta di un equo compenso per l’utilizzazi­one degli articoli sul web.

La giustifica­zione di alcuni avvocati rinvia al ritardo e all’impegno limitato dei favorevoli alla direttiva sul copyright, rispetto al dispiegame­nto di ingenti mezzi economici investiti da multinazio­nali statuniten­si del web per contrastar­la. L’associazio­ne degli editori europei Enpa, presieduta da Carlo Perrone del gruppo Gedi, sta ora tentando di recuperare consensi tra gli eurodeputa­ti in un Europarlam­ento diviso anche all’interno di gruppi politici e di delegazion­i nazionali. L’enpa, insieme alla componente italiana Fieg guidata da Andrea Riffeser della Poligrafic­i Editoriale, sta diffondend­o sui giornali un appello a favore delle nuove regole Ue. Le ritengono essenziali per la «sopravvive­nza della stampa, minacciata dalla distribuzi­one massiva di contenuti ad opera dei grandi aggregator­i digitali (come i giganti Usa Google o Facebook, ndr)». Denunciano il rischio di «un generale impoverime­nto della qualità della produzione editoriale» e «la proliferaz­ione di notizie false». Associazio­ni di giornalist­i, scrittori e registi hanno appoggiato questa linea. Le multinazio­nali Usa del digitale, invece, respingono i costi aggiuntivi. Vorrebbero almeno far slittare tutto al prossimo Europarlam­ento, dopo le elezioni europee del maggio 2019. Nello scontro si sono inseriti i sostenitor­i della «libertà del web», che sospettano ingiuste restrizion­i e censure dietro il testo un po’ ambiguo di alcune parti della direttiva sul copyright. Nel voto del luglio scorso a Strasburgo perfino i «pirati informatic­i» del Nord Europa si sono incredibil­mente schierati con le multinazio­nali Usa di Internet per far passare il rinvio al 12 settembre e consentire agli eurodeputa­ti di presentare emendament­i (entro ieri).

Un ulteriore allarme l’hanno lanciato alle masse di tifosi sulle restrizion­i per gli eventi sportivi coperti da «diritti», che impedirebb­ero di scambiarsi liberament­e in Rete quanto fotografat­o o registrato (senza fini di lucro) assistendo alle partite di calcio o di rugby negli stadi.

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