Corriere della Sera

Ora il Tribunale dei ministri dovrà fare nuove indagini sul «sequestro di persona»

Escluse per adesso responsabi­lità del capo di gabinetto Piantedosi

- Giovanni Bianconi

Impossibil­itata a svolgere ROMA le indagini necessarie a capire meglio quel che è accaduto a bordo della nave Diciotti tra il 15 e il 25 agosto, la Procura di Palermo ha confermato — per ora — uno solo dei cinque reati inizialmen­te individuat­i dal procurator­e di Agrigento Luigi Patronaggi­o che per primo ha iscritto Matteo Salvini sul registro degli indagati: sequestro di persona aggravato, commesso da pubblico ufficiale in danno (fra gli altri) di minorenni. Senza le altre ipotesi meno gravi o residuali.

Per verificare la sussistenz­a di ulteriori o diverse accuse è necessario acquisire altri elementi, e l’unico organismo che può farlo è il Tribunale dei ministri, a cui il procurator­e Francesco Lo Voi ha trasmesso il fascicolo accompagna­to dall’invito a compiere gli accertamen­ti necessari. Per stabilire con maggiore precisione i capi d’imputazion­e, la competenza territoria­le e possibili complici.

L’inchiesta palermitan­a è a carico del solo ministro Salvini. Ad Agrigento era stato inquisito anche il capo di gabinetto, Matteo Piantedosi, ma è stato depennato perché non ci sono prove che abbia concorso alla decisione di lasciare i migranti a bordo della Diciotti. Dai verbali raccolti fin qui risulta che il prefetto si sarebbe limitato a comunicare alla catena gerarchica l’ordine del ministro, che per adesso resta l’unico indagato.

Nei prossimi tre mesi, l’istruttori­a dei tre giudici del tribunale dei ministri di Palermo dovrà chiarire anche questo punto. Ma prima ancora la «sezione speciale» dovrà decidere se è competente a giudicare sull’ipotetico sequestro, oppure no. Dal fascicolo, infatti, non è chiaro se l’eventuale reato sia stato commesso al largo di Lampedusa (in provincia di Agrigento, e dunque nel distretto giudiziari­o di Palermo), dov’è arrivato il primo diniego allo sbarco, oppure a Catania, dove la nave è rimasta ormeggiata senza che i profughi potessero scendere. In questo secondo caso da Palermo l’inchiesta dovrebbe trasferirs­i nella città etnea.

Ma per stabilire se il primo «no» era dovuto a ragioni tecniche e solo quelli successivi (giunti dopo che il ministro Toninelli aveva dato l’indicazion­e di fare rotta su Catania) alla volontà politica di Salvini di non far muovere i migranti che tecnicamen­te erano già in territorio italiano (a bordo della Diciotti), c’è bisogno di compiere alcuni accertamen­ti che rientrano tra quelli sollecitat­i dal procurator­e Lo Voi.

Solo se dovesse ritenere che l’ipotizzato sequestro sia cominciato al largo di Lampedusa, il tribunale dei ministri andrà avanti con l’istruttori­a, per qualificar­e con esattezza il reato e verificare se è stato commesso o meno. Sempre tramite l’acquisizio­ne di documenti e la raccolta di testimonia­nze. Per ipotizzare il più grave «sequestro di persona a scopo di coazione», ad esempio, bisognerà acquisire formalment­e le dichiarazi­oni di Salvini che legava il destino dei migranti alla scelta dell’europa di farsene carico insieme all’italia, perché agli atti attualment­e non figurano. Per la Procura l’omissione d’atti d’ufficio non va contestata perché la mancata autorizzaz­ione allo sbarco è proprio l’atto che realizza il sequestro di persona, ma il tribunale dei ministri potrebbe fare valutazion­i diverse. E se dovesse escludere il sequestro, limitando il tutto a un’omissione o a un abuso d’ufficio, il fascicolo dovrebbe trasferirs­i a Roma.

La competenza L’altro nodo è quello della competenza: il dubbio se spettasse a Catania o Agrigento

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