Legalità, così migliora la «percezione» degli italiani
La ricerca di Ambrosetti: «Ma nell’ue restiamo tra gli ultimi». Giustizia civile ancora troppo lenta
Certezza del diritto e lotta alla corruzione per sostenere l’economia. Sono i punti chiave della ormai tradizionale ricerca sulla giustizia in Italia, elaborata per il quarto anno consecutivo da The European House-ambrosetti e che sarà pubblicata domani al forum di Cernobbio.
La tesi degli esperti di Ambrosetti — un gruppo di lavoro che comprende il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, Raffaele Cantone, presidente dell’autorità anticorruzione, il magistrato Carlo Nordio — è che «le inefficienze della giustizia e la corruzione scoraggiano gli investimenti e la crescita dimensionale delle imprese». Quella di Ambrosetti è una riflessione che cade nel doppio dibattito in corso: da un lato, sulla procedura di revoca della concessione ad Autostrade per l’italia da parte del governo Conte, mossa criticata da alcuni perché minerebbe la certezza del diritto e quindi spaventerebbe gli investitori (al di là delle responsabilità della società nel crollo del ponte Morandi), dall’altro sul disegno di legge «Spazza corrotti» con il Daspo per i condannati difeso ieri dal ministro delle Giustizia, Alfonso Bonafede: «Testo migliorabile ma non si torna indietro».
Sulla corruzione la ricerca Ambrosetti evidenzia un miglioramento: l’italia passa dal 60º al 54º posto nell’indice della percezione della corruzione restando comunque agli ultimi posti in Europa, 22º su 28 Stati. Per favorire una cultura della legalità secondo la ricerca è stata importante la legge sul whistleblowing, che protegge il dipendente pubblico o privato che segnala anonimamente le attività illecite di cui viene a conoscenza. Le segnalazioni crescono: secondo i dati dell’anac, dalle 125 del 2015 si è arrivati alle 365 dell’anno scorso (+39%) e solo fino a maggio di quest’anno le segnalazioni di fenomeni corruttivi in Italia erano state 334, il 90% delle quali nel settore pubblico. È proprio questa l’esperienza cui il ddl del governo si richiama.
I problemi tuttavia continuano ad essere nella giustizia civile. Quest’anno Ambrosetti deve prendere atto che «in un contesto di miglioramento continuo, la velocità di questo miglioramento è diminuita». Il totale delle cause pendenti (al 2016) è sceso del 5,1% a 2.482.000 ma è sempre il più alto in Europa per numero di abitanti. E ci vogliono ancora 514 giorni per una sentenza di primo grado: in un anno sono sì stati recuperati 16 giorni (anche grazie alla spinta del processo telematico), ma siamo sempre due volte al di sopra della media europea di 255 giorni. Per una sentenza di Cassazione servono invece in media 8 anni e sette mesi.
In particolare mostra segni di affaticamento la mediazione civile, che doveva accelerare la soluzione delle cause in via extragiudiziale. Le iscrizioni sono in calo del 15% mentre aumentano le cause pendenti e si allungano i tempi per la decisione a 139 giorni.
I tempi delle sentenze In Italia ci vogliono 514 giorni (16 in meno dell’anno scorso) ma la media Ue è 255