Dal Tap a Saramago, lo show di Conte
Il premier: il gasdotto? Vedremo, impegni già assunti. Per viale Mazzini punta ancora su Foa
CEGLIE MESSAPICA (BRINDISI) La cittadina pugliese si è vestita a festa, la torre dell’orologio sfoggia un Tricolore di luci e la banda del Paese intona marcette militari locali. Sul palco addobbato di fiori come per un matrimonio sale con un’ora di ritardo il premier ed è la prima intervista open air da quando l’avvocato di Volturara Appula (Foggia) è approdato a Palazzo Chigi. Duemila persone in piazza del Plebiscito, ovazione («Ciao Peppe!») e grande accoglienza per il «nostro concittadino Rocco Casalino», il portavoce che Conte loderà con slancio.
L’inizio è intimistico, si chiacchiera di libri, hobby e cucina, come se Roma fosse lontana anni luce e come se Matteo Salvini, con il suo attacco alla magistratura, non avesse portato i corpi dello Stato sull’orlo della collisione. Si fa il gioco della torre. Di Maio o Salvini? «Non butto giù nessuno dei due, altrimenti cade il governo». Tria o Savona? «Li amo entrambi». Renzi o Gentiloni? «Il primo si è già buttato da solo». Quali giornali legge? «Nessuno, altrimenti non potrei governare il Paese». E il gasdotto Tap, si farà? «Sono impegni già assunti, vedremo se ci sono irregolarità». È un Conte show, che gioca in casa, cita Hegel ed Einaudi e cerca, in diretta streaming, di accrescere ancora la sintonia con l’opinione pubblica.
Rivela, si fa per dire, di amare la pasta con le verdure, consiglia la lettura di Saramago e l’ascolto di giganti del jazz come Miles Davis. Ma la polemica politica infuria, la manovra incombe, il governo balla e Conte rassicura: «Non abbiamo fatto partire questa esperienza pensando che, dopo qualche mese, ce ne torniamo a casa. Siamo qui per durare una intera legislatura». Qui la piazza si scalda e grida «bravo», lui prende coraggio e si lancia. Promette che le riforme saranno «varate tutte, con gradualità». Prova ad allontanare l’attenzione dell’europa dai vincoli di bilancio: «Non dico che sforeremo il 3%, non esiste proprio... Il nostro obiettivo è contenere il debito».
Sa che gli applausi qui sono con lui e accoglie di buon grado anche la domanda sulla gaffe che da due giorni lo perseguita, il concorso per traslocare dall’ateneo di Firenze a La Sapienza di Roma. Conferma che lunedì non si presenterà all’esame perché deve incontrare il presidente Tusk, ma rivendica il diritto di proseguire, un giorno, la sua carriera universitaria: «Chiudiamo la storia. Però mi sorprende come ci si butti addosso a fare polemica. Quella del premier non è una poltrona a vita, io sono sempre stato avvocato». E qui di nuovo smentisce di esser a caccia di un doppio lavoro perché il governo avrà vita breve: «Fandonie. Il governo durerà cinque anni, se ne facciano a ragione».
Evidente lo sforzo di smantellare l’immagine del prestanome oscurato dai suoi vice, per i quali Conte ha solo parole di ammirazione. L’attacco di Salvini ai magistrati? «Un leader che non può disporre di un euro per fare attività politica è un grosso problema, che va risolto nei canali di legittimità. Capisco il suo scoramento e se non avessi questa veste mi offrirei alla Lega come avvocato difensore». C’è ancora tempo per tranquillizzare l’europa («Italexit? Mai contemplata»), per confermare la sforbiciata alle «pensioni d’argento», per tornare sul dramma di Genova e garantire che in futuro ogni concessione, dalle autostrade alle frequenze tv, verrà «rinegoziata a favore dello Stato». E sulla Rai spera «che si recuperi la presidenza Foa». Il reddito di cittadinanza si farà, promette, rivendica il ruolo di mediatore tra «interessi contrapposti» e accetta persino un’ultima gag tutta al femminile. Tra Boschi e Carfagna?: «Butto giù Boschi perché la conosco già».