Manovra, M5S e Lega si dividono 10 miliardi
Confronto tra Carroccio e Cinquestelle sulle priorità: partite Iva, Ires, reddito di cittadinanza o previdenza
Cinque miliardi per il fisco, almeno altrettanti per il reddito di cittadinanza e per avviare la riforma delle pensioni. Il cantiere della legge di bilancio del 2019 è in piena attività, ma mentre Lega e M5S, ciascuno per proprio conto, continuano a studiare e sfornare proposte, gli spazi di manovra del governo, inesorabilmente, si riducono.
La Ue chiede, oltre alla riduzione del debito, un calo del deficit strutturale, quello di fondo, calcolato al netto delle una tantum e dell’effetto della congiuntura, che è intorno all’1%. Un taglio che il ministro dell’economia, Giovanni Tria, poche settimane fa in Parlamento aveva escluso, sostenendo che la manovra sarebbe stata troppo pesante e che l’italia si sarebbe impegnata a «non peggiorare» quel saldo.
Probabilmente il governo dovrà rivedere ancora una volta i piani, a meno di non rompere con Bruxelles. Già la prossima settimana il premier Giuseppe Conte, tornerà a fare il punto della situazione con Tria e i due vice premier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Nel frattempo le “task force” di Lega e M5S continuano a studiare le misure da inserire nel bilancio.
I tecnici della Lega lavorano sul fisco. La flat tax sulle partite Iva (con una doppia aliquota del 15% fino a 65 mila euro di ricavi, e del 20% oltre) dovrebbe costare 1,6 miliardi di euro. Accanto a questa ci sarebbe anche uno sgravio Ires molto forte sugli utili reinvestiti dalle imprese. Per il prossimo anno si sta valutando anche la riduzione da 1 a 3 punti della prima aliquota Irpef, che si applica ai redditi tra 7.500 e 15 mila euro, oggi al 23%. Ogni punto di riduzione costa 3 miliardi di euro, ma i benefici per i contribuenti sarebbero modestissimi. La prima aliquota, infatti, interessa tutti i redditi, anche quelli più elevati. Abbassarla al 22% porterebbe tra 75 e 150 euro lordi annui in più nelle tasche dei cittadini, ovvero meno di 10 euro al mese.
Anche per questo la riflessione, sul punto, è ancora aperta. Tra le varie ipotesi in discussione c’è quella di varare nel 2019 uno sgravio Irpef molto più consistente, da una decina di miliardi di euro, concentrato sui redditi più bassi. Nel primo anno sarebbe coperto anche con il gettito una tantum della pace fiscale, mentre a regime il finanziamento dello sgravio sarebbe garantito dal bonus degli 80 euro di Renzi, che sarebbe cancellato.
Discussione ancora aperta anche sul reddito di cittadinanza. Il piano originario del M5S costa troppo, anche immaginando di usare i Fondi Ue e riconvertendo il Rei (il reddito di inserimento) e dovrà essere attuato per gradi. Si comincerebbe con l’adeguamento delle pensioni a 780 euro (per tutte servono 4 miliardi), per poi arrivare al 2020 all’erogazione del sostegno.
L’agenda
La prossima settimana Conte farà il punto della situazione con Tria e i due vicepremier