Corriere della Sera

Haftar: voto libero in Libia o interverrò

Monito del generale della Cirenaica: «L’85% dei libici è con me»

- DAL NOSTRO INVIATO

Una tregua fragile e illusoria dominava ieri nel cuore della capitale libica. Moschee affollate per le preghiere del venerdì. Mamme e bambini che danno da mangiare ai piccioni nella piazza dei Martiri. Tre gelatai ambulanti su camioncini rosa tra la gente che si gode la brezza della sera. Dal vicino aeroporto di Mitiga segnalano che sono ripresi i voli. Ma i quartieri vicini sono bloccati dalle milizie pronte a battersi. Intere zone periferich­e restano deserte. Ricorda la Beirut della guerra civile negli anni Ottanta: normalità ed emergenza si alternano in schizofren­ica succession­e con i segni dei proiettili ovunque visibili. Anche in centro ogni tanto ecco il passaggio di un gippone carico di uomini armati. La tregua negoziata dall’onu quattro giorni fa per il momento tiene. Ma per quanto?

Sono sufficient­i le dichiarazi­oni di Khalifa Haftar da Bengasi per ricordare a tutti che la guerra è dietro l’angolo. «Il nostro esercito nazionale libererà Tripoli dalle milizie al momento opportuno, sulla base di un piano ben studiato», dice l’uomo forte delle Cirenaica. Meglio ascoltarlo. È ormai quasi due anni che Haftar ripete gli stessi concetti e lo fa con determinaz­ione crescente. Cinque anni fa aveva provato a farsi arruolare come capo di stato maggiore o addirittur­a ministro della Difesa dai governi di Tripoli nati dalla rivoluzion­e del 2011. Ma era stato snobbato, persino sbeffeggia­to. Da allora ha costruito la sua roccaforte nelle province orientali e chiamato a raccolta gli ex pro Gheddafi con i resti del vecchio esercito.

Poteva essere un alleato, è diventato un nemico e non nasconde l’intenzione di prendere il posto del governo di Fayez Sarraj. «L’85% dei libici è con me. Io credo nel voto, sono pronto a sostenere le elezioni, così come formulate all’ultima conferenza di Parigi. Ma se non saranno libere e trasparent­i, allora

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