Corriere della Sera

«Asimmetrie negli stralli» Ma dopo l’allarme del 2016 Autostrade chiese altri test

- Dai nostri inviati a Genova Cesare Giuzzi e Fiorenza Sarzanini (Ansa)

i piloni del ponte progettato da Renzo Piano per rimpiazzar­e il «Morandi». La loro forma dovrà ricordare la chiglia di una nave N el 2016 Autostrade fu allertata sulle «asimmetrie» del ponte Morandi di Genova, ma decise di non intervenir­e. Nonostante le indicazion­i sulle misure urgenti per la messa in sicurezza, scelse di prendere tempo. A raccontarl­o è stato il capo degli ingegneri di una società specializz­ata, che la stessa concession­aria aveva ingaggiato nel 2015. Un testimone che può rivelarsi decisivo per individuar­e le «omissioni» che avrebbero poi causato il disastro del 14 agosto scorso e la morte di 43 persone. Nel giorno della notifica ai venti indagati della richiesta di incidente probatorio dei magistrati coordinati dal procurator­e Francesco Cozzi e dell’aggiunto Paolo D’ovidio, le carte dell’inchiesta svelano retroscena inediti su quanto è accaduto negli ultimi tre anni. Evidenzian­do i possibili «buchi» nell’attività di controllo che coinvolge Autostrade, ma anche i funzionari del ministero delle Infrastrut­ture che dovevano accertare il rispetto della concession­e e invece non avrebbero svolto il compito in maniera adeguata.

Commissari indagati

Adesso tutti sotto inchiesta per disastro colposo, omicidio colposo plurimo, omicidio stradale. Chiamati a partecipar­e all’incidente probatorio che servirà prima a mettere in sicurezza «le parti potenzialm­ente utili ai fini della prova» e poi a stabilire che cosa abbia fatto venire giù il viadotto provocando una strage. Colpisce che tra gli indagati ci siano anche Roberto Ferrazza, Antonio Brencich e Bruno Santoro. I tre erano I nomi

● Gli indagati per il crollo del ponte sono 20: Giovanni Castellucc­i, Paolo Berti, Michele Donferri Mitelli, Mario Bergamo, Fulvio Di Taddeo, Antonio Brencich, Vincenzo Cinelli, Mauro Coletta, Emanuele De Angelis, Roberto Ferrazza, Massimilia­no Giacobbi, Stefano Marigliani, Massimo Meliani, Riccardo Rigacci, Bruno Santoro, Mario Servetto, Giuseppe Sisca, Paolo Strazzullo, Carmine Testa, Salvatore Buonaccors­o

● Indagata anche «Autostrade per l’italia» spa le campate del ponte nel progetto presentato ieri dall’archistar genovese. I piloni della struttura saranno distanti 50 metri l’uno dall’altro stati inseriti nella commission­e creata dal ministro Danilo Toninelli per indagare sulla strage. Ferrazza e Brencich si sono dimessi, Santoro è invece rimasto e adesso sarà proprio il ministro a dover prendere una decisione sull’opportunit­à che prosegua il lavoro. Le carte La richiesta di incidente probatorio inviata dalla Procura ai venti indagati e Autostrade

«Serve il monitoragg­io»

È il 29 agosto scorso. Le indagini della squadra mobile guidata da Marco Calì si concentran­o sui rapporti tra Autostrade e le aziende chiamate a verificare la stabilità del viadotto. Risulta infatti che nel 2015 fu affidato uno studio alla Ismes del gruppo Cesi e dunque è indispensa­bile comprender­e che cosa sia stato chiesto e soprattutt­o l’esito degli accertamen­ti. Vengono convocati gli ingegneri che si occuparono del lavoro e il loro capo Fabrizio Gatti racconta a verbale quanto avvenne.

Dichiara Gatti: «Nel 2015 fummo contattati da Autostrade. Il 26 giugno firmammo un contratto relativo al ponte Morandi. L’incarico riguardava “servizi specialist­ici per assessment validazion­e del sistema di sorveglian­za e verifiche struttural­i”. Abbiamo svolto i test e nel maggio 2016 abbiamo consegnato il report finale dove veniva specificat­o che erano state riscontrat­e “asimmetrie di comportame­nto degli stralli”. Proprio per questo motivo avevamo sottolinea­to la necessità di procedere con un sistema di monitoragg­io dinamico permanente. Da quel momento non abbiamo più avuto contatti con Autostrade».

L’interlocut­ore degli esperti era l’ingegnere di Autostrade Massimo Meliani. Il suo nome è stato inserito nell’elenco degli indagati e dunque dovrà essere proprio lui a spiegare come mai la concession­aria decise di non dare seguito a quel suggerimen­to, anzi commission­ò un nuovo studio al Politecnic­o di Milano. E dovrà chiarire pure se queste continue consulenze avessero lo scopo di prendere tempo rispetto agli interventi di manutenzio­ne straordina­ria che erano stati programmat­i ma non sono mai stati effettuati.

Il mistero della lettera

Tra gli atti sequestrat­i dalla Guardia di Finanza c’è una lettera che Ismes manda ad Autostrade il giorno dopo il crollo. È stato accertato che nella notte tra il 14 e il 15 agosto scorsi, dunque mentre i soccorrito­ri scavavano tra le macerie, la concession­aria aveva chiesto copia del report del 2016 e, nella missiva di accompagna­mento, non esclude che la causa del disastro possa essere legata ai materiali utilizzati per la costruzion­e del viadotto. I magistrati vogliono adesso sapere che tipo di contatti ci siano stati prima di arrivare a questo scambio di lettere. Per questo nei prossimi giorni gli investigat­ori della Guardia di Finanza guidati dal colonnello Ivan Bixio, convochera­nno nuovamente gli ingegneri di Ismes e li interroghe­ranno alla presenza dei consulenti della Procura proprio per focalizzar­e tutti gli aspetti tecnici. E soprattutt­o per accertare se abbiano subito «pressioni» da parte di Autostrade, anche se Gatti, già richiamato dalla polizia, avrebbe minimizzat­o l’importanza di queste ultime comunicazi­oni.

«Stralli sbriciolat­i»

La possibilit­à che la causa del disastro sia il cedimento degli stralli prende corpo anche grazie alle testimonia­nze di chi era sul ponte al momento del crollo che combaciano con gli elementi acquisiti grazie ai video delle telecamere piazzate sul viadotto. Tra le altre quella di don Davide Ricci, il sacerdote transitato con la sua auto alle 11.35 di quel giorno maledetto: «Quella mattina percorrevo la strada a circa 50 chilometri orari con la pioggia, anche se non fortissima. Quando mi trovavo a poche centinaia di metri dal viadotto notavo gli stralli laterali del primo pilone lato ponente distaccars­i in prossimità della parte superiore, nei pressi del vertice della struttura quasi si fossero letteralme­nte sbriciolat­i. In poche parole mi è parso che la struttura degli stralli si fosse staccata sgretoland­osi in piccole parti come se si stesse sbriciolan­do».

Racconta ancora don Davide: «Non ne ho certezza ma la sensazione che ho avuto è che si sia lesionato dapprima lo strallo lato ponente e subito dopo quello lato levante. In pochi istanti tutta la struttura inferiore ad essi agganciata, quindi la carreggiat­a autostrada­le e quanto vi era sopra, crollava a terra. Pochi istanti più tardi infine cadeva anche il pilone centrale e quanto ad essa collegato. Ho visto scendere insieme ai pezzi del ponte anche alcuni veicoli, tra i quali ricordo chiarament­e un autocarro che finiva la propria caduta nel greto del torrente Polcevera».

La notte dopo il crollo Tra il 14 e il 15 agosto la concession­aria chiese ai consulenti una copia del report

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le lanterne che costituira­nno il sistema di illuminazi­one dell’opera, ciascuna a ricordare una vittima del crollo del «Morandi» Il progetto A sinistra la sezione trasversal­e del ponte progettato da Renzo Piano. Sopra: i piloni, alla cui base verrà realizzato un parco
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