Corriere della Sera

L’iran senza velo di Farhad Meysami

- di Paolo Lepri

Itanti studenti iraniani che si sono preparati per l’università leggendo i suoi manuali conoscono Farhad Meysami. È anche per questa ragione che il suo arresto ha ferito profondame­nte quel mondo normale che vive una silenziosa resistenza al regime: le donne e gli uomini, per intenderci, che vediamo nei film di Ashgar Fahradi, da About Elly fino a Il cliente. È chiaro che l’impegno per i diritti umani di questo professore di medicina quarantott­enne non poteva sfuggire alla repression­e degli ayatollah. Gli hanno trovato in casa distintivi con la scritta «sono contrario al velo obbligator­io» e lo hanno rinchiuso alla fine di luglio nel carcere di Evin, uno dei luoghi maledetti dell’universo. Le accuse: «cospirazio­ne per minacciare la sicurezza nazionale» e «propaganda contro il sistema».

In quella prigione disumana, fatta costruire nel 1972 dallo Scià, Meysami è stato tenuto in isolamento per tre settimane. Solo il 19 agosto la madre è finalmente riuscita a parlargli al telefono e ha saputo dello sciopero della fame iniziato all’indomani della cattura . «Ho fatto questa scelta — sono state le sue parole — per difendere la mia dignità e quella di tutti coloro che vengono perseguita­ti». Secondo la giornalist­a Jila Baniyaghoo­b, la protesta è diventata ancora più dura domenica scorsa con il rifiuto dell’acqua, non solo del cibo. Questa decisione serve anche a richiamare l’attenzione sul destino di altri quattro oppositori, uno dei quali è Reza Khandan, arrestato durante la campagna per la liberazion­e della moglie, l’avvocatess­a Nasrin Sotoudeh, premio Sakharov 2012.

È impossibil­e tacere di fronte a questo scenario intollerab­ile. Si tratta di capire, però, che le pressioni sono una cosa, le sanzioni un’altra. La politica di strangolar­e economicam­ente il Paese non è la strada giusta — come ha scritto il Guardian in un recente editoriale — per sostenere le legittime aspirazion­i di una popolazion­e che «sta già lottando». Le mosse di Trump, aggiungiam­o, incoraggia­no l’aggressivi­tà iraniana nello scacchiere internazio­nale. In questo caso l’europa ha fatto una volta tanto la sua parte, cercando di costruire e non di distrugger­e. Ora, anche se i tempi sono difficili, non può distrarsi. Pensando anche a Farhad Meysami.

@Paolo_lepri

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