I vasi e molto altro Bellini celebra le virtù del vetro
Una mostra a Murano sulle sue creazioni «Questo materiale esalta l’architettura»
Non basterebbe un’isola per contenere tutti i pezzi di vetro disegnati dall’architetto e designer Mario Bellini. Che si dice onoratissimo della mostra, «Mario Bellini a Murano», da domani al 3 marzo 2019 al Museo del vetro.
«È come sentirsi a casa. Col cognome che porto, discenderò sicuramente dai grandi pittori veneziani: Jacopo, Gentile o Giovanni? Fa lo stesso», racconta, con la sua solita ironia, l’autore, tra i tanti progetti disegnati, del Dipartimento di Arti islamiche del Louvre. Un «Pezzo di vetro» di architettura non citato a caso. «Ho chiesto agli organizzatori della mostra di aggiungere: L’architettura del vetro, il vetro dell’architettura». Il visitatore attraverserà una sorta di carena, lunga 25 metri e illuminata dai Led. «L’allestimento, come capita spesso, l’ho ideato io; e prima dell’inaugurazione, farò uno dei miei classici sopralluoghi per gli ultimi ritocchi», dice Bellini. Lo scopo è far comprendere che non esistono soltanto vetri soffiati, quei bellissimi pezzi unici, prodotti dall’inizio degli anni 90 per la storica fornace Venini.
Il vetro è anche (o soprattutto) architettura. «Se provassimo a immaginare l’architettura di oggi, o degli ultimi secoli, senza il vetro, ci ritroveremmo in un mondo che non ci appartiene: il vetro delimita e protegge, senza privarci del cielo, degli orizzonti e del teatro urbano», spiega l’architetto, mentre racconta di poter parlare al telefono, e, allo stesso tempo, di godere, grazie al vetro, della vista magnifica del suo studio, a Milano, sull’orto Botanico di Brera. Con le trasparenze c’è sempre una prima volta. Per Bellini, nella fornace Venini è avvenuta quasi per gioco. «Davanti a queste bocche di fuoco, mi sentivo come un bimbo in una pasticceria, tra mille colori». Come quei pezzi di vetro scartati in un angolo. «E di questi cosa ne fate?», ha domandato l’architetto al maestro vetraio, suggerendogli di appiccicarli su un vaso veronese. «È nata così la serie di vasi Sogni Infranti».
L’altra serie(recentissima), «Torcia», è frutto di una esperienza telefonica. Da una parte Bellini, in qualsiasi angolo del mondo, dall’altra, Roberto Gasparotto, direttore artistico Venini, e «traduttore» per i due maestri vetrai, dei desiderata del designer: «Prendete quel vaso uscito dalla fornace e dategli un netto movimento di torsione: così, perfetto. L’interno rosso corallo, l’esterno in pasta bianca». Quattro marziani e una Torcia. È tutto in mostra. Compresi gli «Esperimenti di variazione sui vasi», perché del vetro, si sa, non si butta nulla.