E lo schivo De Martini inventò il divano-barca
Prosegue la ricognizione critica degli anni ‘70, decennio d’oro del design italiano. Nel maggio 1972 l’escalation della progettualità fu suggellata al Moma di New York dalla celebre mostra «Italy, the new domestic landscape» che fece il punto sulla creatività italiana fiorita grazie anche al fertile terreno micro-industriale, assai incline alla collaborazione con i designer. Esemplare il caso di Cassina, azienda che era approdata tra gli anni ‘60 e ‘70 al design esprimendo le trasformazioni sociali e culturali allora in atto. Oggi è Laura Falconi con il libro «Piero De Martini. Un’esperienza nel design 1970-2000» a indagare su tali fenomeni attraverso un professionista ancora non del tutto conosciuto.
Personalità schiva e fuori dagli schemi, De Martini lavorò per 30 anni nel campo dell’arredo per poi dedicarsi in toto all’attività di architetto e musicologo. Nel ‘75 firmò per Cassina La Barca, iconico divano dalla struttura componibile in frassino, ideato per invitare a quelle informali ritualità di gruppo che il salotto borghese non avrebbe mai accettato. Nel ’71 nei laboratori Cassina, con Francesco Binfarè, aveva già varato la sedia in plastica Enne uno, per giungere poi agli arredi modulari. Anni felici per il progettista: allora le forze tecnico-artigianali erano aperte a quel dialogo che, nel giro di un ventennio, sarebbe stato incrinato dalle esigenze di una produzione rivolta a mercati sempre più ampi.