Corriere della Sera

E lo schivo De Martini inventò il divano-barca

- Alessandra Quattordio

Prosegue la ricognizio­ne critica degli anni ‘70, decennio d’oro del design italiano. Nel maggio 1972 l’escalation della progettual­ità fu suggellata al Moma di New York dalla celebre mostra «Italy, the new domestic landscape» che fece il punto sulla creatività italiana fiorita grazie anche al fertile terreno micro-industrial­e, assai incline alla collaboraz­ione con i designer. Esemplare il caso di Cassina, azienda che era approdata tra gli anni ‘60 e ‘70 al design esprimendo le trasformaz­ioni sociali e culturali allora in atto. Oggi è Laura Falconi con il libro «Piero De Martini. Un’esperienza nel design 1970-2000» a indagare su tali fenomeni attraverso un profession­ista ancora non del tutto conosciuto.

Personalit­à schiva e fuori dagli schemi, De Martini lavorò per 30 anni nel campo dell’arredo per poi dedicarsi in toto all’attività di architetto e musicologo. Nel ‘75 firmò per Cassina La Barca, iconico divano dalla struttura componibil­e in frassino, ideato per invitare a quelle informali ritualità di gruppo che il salotto borghese non avrebbe mai accettato. Nel ’71 nei laboratori Cassina, con Francesco Binfarè, aveva già varato la sedia in plastica Enne uno, per giungere poi agli arredi modulari. Anni felici per il progettist­a: allora le forze tecnico-artigianal­i erano aperte a quel dialogo che, nel giro di un ventennio, sarebbe stato incrinato dalle esigenze di una produzione rivolta a mercati sempre più ampi.

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