Micaela Ramazzotti in giallo «Intrighi tra arte e mafia»
Protagonista di «Una storia senza nome» su un Caravaggio rubato
VENEZIA Pioveva, quella notte a Palermo. Era il 1969, i ladri si intrufolarono nell’oratorio di San Lorenzo e si portarono via la Natività di Caravaggio. Un mistero, una storia italiana. L’unica cosa certa è che nessuno sa dove finì il quadro. «Una commedia beffarda», così il palermitano Roberto Andò definisce il suo film, Una storia senza nome. Un giallo tra intrighi, ilarità, mafia. Micaela Ramazzotti, segreteria di un produttore di cinema, scrive da ghost writer, in incognito, per lo sceneggiatore imbroglione Alessandro Gassmann, e riceve in dono da uno sconosciuto, il poliziotto in pensione Renato Carpentieri, la trama di un film su quel misterioso furto.
Micaela, cosa sapeva questo caso? di
«Vi sorprenderò: tutto. Ho fatto il liceo artistico e l’accademia delle Belle Arti e il pittore che portai agli esami fu Caravaggio. Sapevo della scomparsa della tela e la sua mitologia: che fu arrotolata e fatta a pezzetti; che fu un furto su commissione della mafia, intenzionata a restituirla allo Stato in cambio di un ammorbidimento del 41 bis; che Totò Riina si disse la usasse come scendiletto; che fu data in pasto ai maiali».
La sua segretaria con gli occhiali a un certo punto reagisce, ha uno scarto...
«Diventa intraprendente. Un ruolo capitato nel momento giusto, volevo prendermi una pausa dalle donne vessate e tormentate».
Il cinema è un misto di cialtroneria e sublime, si dice nel film.
«E Roberto lo ha ribadito qui al Lido, certi sceneggiatori fannulloni, certi produttori millantatori. Quanti cialtroni sono presenti nella nostra società. Io ho fatto una lunga gavetta, dai 14 anni ho fatto decine di provini fermandomi ai casting, ai registi nemmeno arrivavo. La voce troppo roca, l’accento troppo romano… Questo mi rimproveravano, prima di arrivare a un regista, che poi ho sposato, Paolo Virzì. È venuto tutto insieme».
In una scena appare una massima dei fratelli Lumière.
«Io appena posso corro nelle sale, anche da sola. È un atto meraviglioso: non credo che moriranno, Netflix dovrà convivere col rito del cinema».
Esistono cineasti «maledetti», come lo fu Caravaggio?
«Sì, penso a James Dean, a Marlon Brando, a Orson Welles e le sue inquietanti inquadrature dal basso. Ci sono sempre state, nell’arte e nella moda, figure maledette». Al Lido
Micaela Ramazzotti: «Mai avuto problemi con la nudità sul set, è uno strumento, come la voce. Non ho paura del gesto del corpo»