DIECI ANNI DOPO IL CRAC IL MONDO TREMA ANCORA
2008-2018 Con il crollo del colosso finanziario Usa Lehman Brothers sono cominciati dei cambiamenti che proseguono a un ritmo travolgente: una destabilizzazione di cui sicuramente non abbiamo ancora visto la fine
Fuga verso Nord Le sollevazioni popolari in Medio Oriente hanno a loro volta provocato nuove crisi in Europa
Tra due anni
Il Paese dove viviamo potrebbe essere governato da un partito che non esiste ancora
Sono passati dieci anni dal crollo del colosso finanziario americano Lehman Brothers, un avvenimento che innescò una reazione a catena sfociata nella più grave crisi finanziaria dagli anni Trenta a oggi. Soffermiamoci un istante a tirare una linea da quel momento — era il 15 settembre 2008 — toccando via via tutto ciò che ne è seguito.
Il crac finanziario che travolse gli Stati Uniti scatenò una recessione globale e una crisi del debito sovrano in Europa talmente grave da minacciare addirittura la sopravvivenza della zona euro. Contribuì inoltre a convincere la leadership cinese che le riforme in materia economica non potevano più aspettare. Un’ondata di instabilità investì e travolse le nazioni del Nord Africa e del Medio Oriente. Un venditore ambulante in Tunisia si diede fuoco e nel giro di pochi giorni cadde il governo del Paese. Mubarak, in Egitto, venne rinchiuso in prigione. In Libia Gheddafi fu giustiziato sommariamente in strada. Lo Yemen fu lacerato dalla violenza. La Siria sprofondò nella guerra civile che finora ha massacrato o spinto alla fuga metà della sua popolazione. Il prezzo del greggio, nell’estate del 2008, passò da 147 a 30 dollari al barile, contribuendo a spostare gli equilibri internazionali del potere.
Le sollevazioni popolari in Medio Oriente hanno a loro volta provocato nuove crisi in Europa, quando oltre due milioni di migranti si sono incamminati verso Nord alla ricerca di salvezza e di migliori condizioni di vita, generando nuove paure e incertezze tra la popolazione europea, e queste, aggravate dal timore della perdita di identità, hanno trasformato l’assetto politico del Vecchio continente. Risentiti e impauriti, gli elettori europei hanno cominciato ad abbandonare in massa i partiti politici tradizionali.
Di fronte alla scelta tra le insidie di un futuro europeo e un salto nel buio, gli elettori britannici hanno preferito lanciarsi nel vuoto. Le elezioni americane del 2016 hanno respinto nell’angolo personaggi politici familiari e altamente qualificati a favore di un uomo d’affari volgare e arrogante che non si era mai candidato prima di allora. Donald Trump è stato il primo cittadino eletto alla presidenza degli Stati Uniti che non abbia mai esercitato altre funzioni nel
governo o nelle forze armate. Nel 2017, gli elettori francesi hanno bocciato l’intera classe politica del loro Paese. I partiti che da decenni avevano dominato la scena politica, di centrodestra e di centrosinistra, sono stati spazzati via a favore di un candidato che, come nel caso di Trump, non aveva mai prima di allora ricoperto un ruolo pubblico. Emmanuel Macron si è messo a capo di un partito da lui stesso creato dal nulla appena un anno prima. I tedeschi, dal canto loro, hanno rieletto la cancelliera Angela Merkel per un quarto mandato, ma il suo partito di centrodestra e i suoi partner della coalizione di centrosinistra hanno fatto registrare un crollo impressionante dei consensi, i più bassi da decenni a questa parte. Un partito di estrema destra nel frattempo ha conquistato diversi seggi al Bundestag per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, e oggi costituisce il più grande partito di opposizione in Germania. A marzo del 2018, gli elettori italiani hanno scartato i vecchi partiti di centrosinistra e di centrodestra per dare il loro voto a un partito fondato nove anni or sono da un comico di professione e a un partito autodefinitosi separatista nel Nord del Paese. A luglio, i messicani hanno eletto il primo presidente di sinistra dagli anni Trenta, un uomo alla guida di un partito politico creato appena quattro
anni fa. Successivamente, gli elettori in Pakistan hanno ripudiato le antiche dinastie Bhutto e Sharif, che avevano detenuto il potere per decenni, a favore di un leader diventato famoso come capitano della squadra di cricket che nel 1992 aveva vinto la Coppa del mondo. Dove rivolgere ancora lo sguardo? Oggi il Brasile è sull’orlo di nuove elezioni presidenziali che decideranno del futuro del Paese. Due candidati sono alla testa dei sondaggi da mesi. Il primo, l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, è in prigione, ed è assai improbabile che gli sarà consentito presentarsi alle elezioni. L’altro, Jair Bolsonaro, rappresenta un partito a cui si è iscritto solo otto mesi fa, un partito che oggi conta appena 9 tra i 513 seggi della Camera bassa del Brasile.
Quali sono le principali tendenze sulla scena politica internazionale di oggi? Sbarazzarsi del vecchio, sgombrare la strada al nuovo. Gli elettori in tutto il mondo sono alla ricerca di un volto nuovo, chiunque esso sia, qualcuno che li aiuti a riprendere in mano le loro vite e li allontani dalla disperazione dalla quale si sentono minacciati.
Come possiamo prepararci per un mondo dove, tra due anni appena, il nostro Paese potrebbe essere governato da qualcuno di cui non si sa nulla e da un partito politico che non esiste ancora? I cambiamenti si susseguono a un ritmo travolgente. Questo rifiuto su scala globale verso tutto ciò che è storico e conosciuto, accompagnato da uno slancio verso tutto ciò che è nuovo e inedito, non rappresenta uno spostamento verso destra né verso sinistra. Donald Trump è un nativista di destra. Macron, in Francia, è un centrista. Lopez-obrador del Messico è un uomo di sinistra. No, queste tendenze riflettono semplicemente la rabbia e la paura che spingono i cittadini all’esasperazione, e di qui a scelte politiche azzardate. Da dove verranno i posti di lavoro di domani? Quanto sono sicure le nostre frontiere? Il nostro Paese sta cambiando così rapidamente da sfuggire di mano ai nostri governanti? Centinaia di domande simili si accavallano incessantemente. A dieci anni di distanza da un crac che ha messo in moto un processo di rimodellamento del nostro mondo, questi timori si incarnano in un profondo sovvertimento politico a livello globale, una destabilizzazione di cui sicuramente non abbiamo ancora visto la fine.