Corriere della Sera

Balo finisce sotto accusa Il c.t. lo stima e lo difende Sacchi duro

- Antonio Montanaro Alessandro Bocci

un’inchiesta per accertare eventuali responsabi­lità da parte di alcuni medici e dell’allora allenatore Carlo Mazzone. Ma poi fu tutto archiviato. La notizia della morte di Galdiolo è stata data dal figlio maggiore Alessandro su Facebook: «Dopo una lunga malattia durata più di 8 anni ci lascia un altro grande campione! Fai buon viaggio papà». Insieme al messaggio la foto in bianconero del padre in campo con la maglia della Fiorentina (229 presenze e 3 gol in A di cui uno alla Juventus). Galdiolo lascia la moglie Maria Rosa e tre figli: Alessandro, Alberto ed Eleonora. Quest’ultima insieme al fratello maggiore denunciò nel 2010 la malattia del padre: in quell’occasione i due giovani invocarono un aiuto al mondo dello sport per sostenere la ricerca sulla «demenza frontale temporale» e sulla Sla. La Fiorentina e la Sampdoria hanno ricordato Galdiolo sui rispettivi siti Giancarlo Galdiolo aveva 69 anni: era nato a Villafranc­a Padovana nel 1948. Difensore, giocò dal 1967 al 1984: in mezzo ben dieci anni alla Fiorentina, dal ‘70 all’80 (Rcs) BOLOGNA Balo da solo. Lento, bolso, statico nei 62 minuti disperanti in cui è rimasto in campo. Il simbolo dell’inguardabi­le Italia del primo tempo contro la Polonia. E poi arrabbiato, deluso, claudicant­e, mentre esce dallo spogliatoi­o per infilarsi sul pullman. Mario Balotelli il ritorno ufficiale in Nazionale se lo aspettava diverso. Invece la sua partita ha ricalcato quella inutile sotto il sole cocente di Natal, nel lontano Brasile, che sancì la fine del nostro Mondiale 2014. Ieri lo ha criticato duramente anche Arrigo Sacchi: «Il calcio è uno sport di squadra, e l’intelligen­za conta più dei piedi. Quindi, per prima cosa devo andare a prendere giocatori che abbiano intelligen­za». Dura la replica di Raiola: «L’intelligen­za non serve solo nel calcio, ma anche nella vita. Con le sue parole Sacchi ha dimostrato di non avere intelligen­za né classe». Roberto Mancini ha spronato e ripreso il suo centravant­i, anche con espression­i colorite e poi, alla fine, si è arreso all’evidenza e lo ha mandato sotto la doccia. «Speravo che ci desse qualcosa di più nel primo tempo».

La domanda nasce spontanea: perché il neo c.t., al debutto in una partita ufficiale, ha puntato su un giocatore in chiaro ritardo di condizione e persino acciaccato? «Avvertiva un dolorino dopo la rifinitura del mattino ma niente di preoccupan­te», internet. A Firenze il difensore padovano era molto amato, anche per il suo carattere solare: oltre a quello di «gigante buono», gli fu dato il nomignolo «pappa», per una certa somiglianz­a nella capigliatu­ra e nel ciuffo ribelle con Pappagone, personaggi­o inventato da Peppino de Filippo. «Negli anni Settanta — ricorda al Corriere Fiorentino Gabriella Beatrice, vedova del calciatore viola — i giocatori di quella Fiorentina si radunavano in via Carnesecch­i, in una latteria a due passi dallo stadio. Io allora vivevo ad Arezzo per motivi di lavoro e Giancarlo mi faceva sempre scherzi di ogni tipo che coinvolgev­ano mio marito. Era talmente abile e credibile che io ci cascavo e, più di una volta, sono corsa a Firenze per verificare l’accaduto». ha spiegato il tecnico. Dietro Mario c’è Belotti e anche Immobile ha una condizione migliore. Ma è evidente che nelle gerarchie dell’allenatore Balotelli viene prima. Il perché lo spiega lo stesso Mancini: «Ha fisico, senso del gol, esperienza internazio­nale». Nella sua testa l’azzurro di origini ghanesi è la medicina per risolvere la crisi del gol.

Non certo domani sera in casa del Portogallo, anche per via di un acuto dolore alla coscia destra curato con il ghiaccio e con i massaggi (gli accertamen­ti hanno escluso lesioni). Ma nella gerarchia delle punte azzurre, Balo parte davanti a tutti. Mancio ci crede e lo stima. Prima di lui lo ha fatto Cesare Prandelli (in azzurro) che al Mondiale ha fallito proprio per l’inconsiste­nza del numero nove.

Mario del resto è così. Formidabil­e, come agli Europei

Botta e risposta Arrigo: «L’intelligen­za conta più dei piedi» Raiola: «Lui senza stile e senza intelligen­za»

2012 in cui siamo arrivati in finale. O sempliceme­nte irritante, come due anni dopo in Brasile. Un rischio, in ogni caso. Conte non lo ha voluto correre (una convocazio­ne, zero minuti). Ventura si è pentito di non averlo convocato con la Svezia. Il più controvers­o dei nostri centravant­i: stella, campione, bidone, bluff. Gli aggettivi si sprecano. Ora tocca a lui non sprecare l’occasione. L’ultima, a occhio e croce. Balotelli è arrivato all’ennesimo bivio: che strada prenderà? Mancini spera che si carichi sulle spalle un attacco asfittico, con 9 reti nelle ultime 11 partite, tutte realizzate da marcatori diversi. Dipende da lui. Le balotellat­e sembrano lontane. Deve fare il salto di qualità sul campo: in Costa Azzurra e in azzurro. Tra dieci mesi potrebbe essere il padrone della Nazionale e da svincolato uno degli oggetti del desiderio.

Il suo destino è legato a filo doppio con quello di Mancio: le fortune dell’uno possono diventare quelle dell’altro. Però Mario farà bene a non sottovalut­are la concorrenz­a. Belotti ha cominciato la stagione con il piglio giusto e dietro spingono Immobile e Zaza, appena rientrato in Italia. Balo balla da solo. Due partite, una con il Nizza e l’altra in Nazionale, sono poche per giudicarlo e per bocciarlo definitiva­mente. Ma la Nazionale ha fretta di rinascere e non si può permettere di aspettare nessuno.

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Difensore

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