Corriere della Sera

Ma possiamo scrivere la nostra vita in un libro

- Luigi Ripamonti D.D.D.

proprio un neurone, ma un gruppo di neuroni che, durante un esperiment­o si è scoperto che si attivavano davanti a qualsiasi foto dell’attrice americana e che erano capaci di reagire anche davanti a quelle di Lisa Kudrow, collega della Aniston nella fiction Friends, a dimostrare che la memoria funziona per associazio­ni.

Il neurone di Jennifer Aniston è solo un esempio. In realtà pare che abbiamo neuroni che possiamo associare a qualsiasi concetto abbiamo «scelto» di ricordare.

Il termine «scelto» però è forse azzardato, perché non decidiamo in modo totalmente conscio che cosa archiviare e che cosa no, anche se una selezione la operiamo. Il nostro cervello «sa» quel che gli serve, che non è il conservare tutte le informazio­ni acriticame­nte, bensì quelle utili a compiere astrazioni e collegamen­ti. In caso contrario si cadrebbe nelle condizioni di altri personaggi celebri nella storia degli studi sulla memoria, come Kim Peek, che ispirò il film Rain Man, oppure Barry Morrow, dotati di memoria prodigiosa ma incapaci di ragionamen­ti semplici o di cogliere un doppio senso.

Ricordare tutto, infatti, non si associa alla capacità di astrazione. «Se osserviamo uno stormo di uccelli, al contrario di Funes non sappiamo contarli e ricordarne il numero istantanea­mente, perché, di norma, in realtà non è im-

Afronte di chi crede di ricordare ciò che non può ricordare, c’è chi vede davvero le sue memorie svanire nelle nebbie dell’involuzion­e cerebrale.

Interi pezzi di vita che vanno perduti, comprese quelle che erano state le gioie e i momenti più belli. Per porre rimedio, almeno parziale, a tale perdita, si può ricostruir­e la propria vita in un libro o un file multimedia­le, il cosiddetto Life story book, che una ricerca pubblicata sulla rivista Internatio­nal Psychogeri­atrics ha dimostrato avere un effetto positivo nell’aiutare a riportare alla memoria episodi della vita vissuta e nel migliorare le relazioni tra chi è affetto da demenza e i suoi familiari.

La ricerca è stata realizzata da un gruppo di psicologi olandesi guidati da Teuntje Elfrink dell’università di Twente (Olanda), e ha preso in esame 14 studi precedente­mente realizzati in vari paesi sull’utilizzo dei Life story book come strumento utile anche per generare maggiore attenzione verso i bisogni di chi soffre di demenza. Fino a contribuir­e a realizzare un contesto di cura personaliz­zata, rispettosa delle esperienze e dell’unicità di ogni singola persona.

«Il valore dei Life story book risiede nello stimolare il recupero di memorie ed emozioni positive e nel migliorare le relazioni con la persona affetta da demenza» spiegano gli autori della ricerca. «Valutazion­i quantitati­ve supportano questa ipotesi, dal momento che sono stati riscontrat­i migliorame­nti nella memoria autobiogra­fica, nel livello di depression­e e nella qualità di vita delle persone con demenza, così come nelle relazioni e nella comunicazi­one tra chi soffre di demenza e chi ha il compito dell’accudiment­o».

I Life story book possono avere diverse forme e dimensioni. Alcuni sono basati sulla

portante saperlo. Quello che ci interessa capire è che siano uccelli e determinar­ne approssima­tivamente il numero (più o meno di 10 o di 100) e astrarre il concetto, tralascian­do le informazio­ni non necessarie. Questa operazione comincia con la percezione e si trasferisc­e nella memoria» scrive Quiroga.

Funes, con la testa affollata, satura, di dettagli, non poteva compire questo procedimen­to per noi semplice, sottolinea Quiroga. Borges nel suo racconto su Funes ma non solo, ebbe la capacità di capire sia l’importanza dell’astrazione sia dell’oblio.

«Pensare significa dimenticar­e le differenze, significa generalizz­are, astrarre — dice Borges —, e nel mondo stipato di Funes non c’erano che dettagli, quasi immediati». scrittura e hanno una lunghezza di poche pagine, altri sono di molte decine di pagine e corredati da immagini e fotografie o articoli di giornale; altri ancora sono multimedia­li e possono comprender­e registrazi­oni e filmati.

La maggior parte dei book realizzati nel corso degli studi entrati in questa revisione sistematic­a avevano una struttura di tipo cronologic­o, che ricostruiv­a il normale andamento dell’esistenza. Nel corso di alcuni di questi studi sono state anche individuat­e raccomanda­zioni sulle modalità per trattare gli eventi negativi e spiacevoli, su come raccontare episodi che coinvolgon­o altre persone, su come dare una conclusion­e positiva alla storia personale.

Alla realizzazi­one dei book, oltre alla persona interessat­a, possono partecipar­e più familiari e i caregiver profession­ali, dal momento che una delle finalità è appunto stimolare coloro che stanno attorno a chi soffre di demenza a rispettare e riconoscer­e la L’efficacia

Il valore dei Life story book risiede nello stimolare il recupero di memorie ed emozioni positive e nel migliorare le relazioni con la persona affetta da demenza. Analisi quantitati­ve hanno confermato migliorame­nti nella memoria autobiogra­fica, nel livello di depression­e e nella qualità di vita dei malati, così come nelle relazioni e nella comunicazi­one tra questi e chi ha il compito di accudirli sua individual­ità. E quindi a superare l’approccio di tipo medico-routinario inevitabil­mente prevalente soprattutt­o nelle strutture istituzion­ali.

I risultati positivi di questa revisione suggerisco­no che la pratica del Life story book potrebbe diventare uno degli strumenti da mettere in atto per aiutare le persone con demenza a recuperare parti delle propria vita che rischiano di andare perdute per sempre, e i loro familiari a impegnarsi in un’attività che faciliti le relazioni. Tuttavia, secondo la professore­ssa Elfrink, tutti gli studi presi in esame erano stati realizzati su poche persone e quindi c’è bisogno di valutare più accuratame­nte l’efficacia di tali interventi.

«Ora bisognerà avviare la fase terza della sperimenta­zione» concludono gli autori della ricerca, «da realizzare attraverso studi randomizza­ti e controllat­i, al fine di stabilire con maggiore certezza gli effetti dei Life story book». https://www. corriere.it/ salute/ neuroscien­ze

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Sugli argomenti di neuroscien­ze Per saperne di più
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Borges e la memoria Rodrigo Ian Quiroga Erickson

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