Corriere della Sera

GIORNALI E CAMPAGNE POCO SERIE

- di Daniele Manca

Domani il Parlamento europeo voterà la direttiva dell’unione sul diritto d’autore che prevede da parte delle piattaform­e hi tech che distribuis­cono contenuti, il pagamento di chi quei prodotti musicali, video o giornalist­ici, ha confeziona­to. Un primo voto per un provvedime­nto che dal 2016 attende il via libera. Già a luglio era approdato nell’aula di Bruxelles. Ma l’assemblea ha deciso un altro rinvio. Un rinvio non scontato, vista la larga maggioranz­a della quale disponevan­o sulla carta le norme. Ma dovuto a motivi precisi. Da molto tempo è entrata in campo la più potente delle lobby, quella dei «titani del web», come li ha definiti l’economist. Facebook e Google in prima linea. Così potente da arrivare ad arruolare buona parte degli studi legali di Bruxelles per contrastar­e il provvedime­nto. È stata alimentata una campagna online e un’offensiva culturale sui rischi connessi alla direttiva. Arrivando a parlare di bavaglio per gli utenti che si sarebbero trovati nelle condizioni di non poter postare più contenuti con la conseguenz­a di inaridire il fiume del dibattito pubblico.

La verità è che si sta correndo il rischio contrario.

Il saccheggio continuo di contenuti di qualità sta rendendo sempre più difficolto­sa e costosa la loro produzione. Lo dimostra la moria di giornali oltre Atlantico e in Europa. Il drenaggio inesorabil­e di risorse del mercato pubblicita­rio da parte dei colossi del web sta mettendo a rischio l’informazio­ne di qualità.

La politologa britannica Chantal Mouffe sulle colonne del quotidiano Guardian pone l’accento sulla possibilit­à che il successo del populismo apra sì la strada a governi più autoritari. Tuttavia la deriva autoritari­a può provocare una risposta dei partiti progressis­ti affinché si recuperino e rafforzino le istituzion­i democratic­he indebolite da trent’anni di neoliberis­mo.

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