Corriere della Sera

La nuova strategia dopo i veleni su dossier e abusi

- di Massimo Franco

Il documento diffuso ieri dal C9 dice due cose. La prima: per il Papa il silenzio non basta più per rispondere alle accuse dell’ex nunzio Carlo Viganò in materia di abusi. La seconda: il vertice vaticano si schiera compatto con Francesco contro un tentativo senza precedenti di delegittim­arlo.

Il documento diffuso ieri dal Vaticano alla fine della prima riunione del C9, il Consiglio dei nove cardinali che plasmano con Francesco la strategia della Chiesa, dice soprattutt­o due cose. La prima è che la trincea scelta inizialmen­te dal Papa per argivuole nare gli effetti del dossier dell’ex nunzio apostolico a Washington, monsignor Carlo Viganò, si è rivelata fragile, di fronte a un tentativo di colpirlo e delegittim­arlo senza precedenti. Un Papa amareggiat­o aveva sperato di poter placare i suoi nemici con «silenzio e preghiera», possibili antidoti a un’offensiva del fronte conservato­re, pensata per tirarlo in qualche modo dentro gli scandali. La seconda è che la decisione di offrire una verità documentat­a potrebbe essere sfruttata dagli avversari per accreditar­e una guerra di dossier su un tema scivoloso come gli abusi sessuali commessi da sacerdoti.

Nel momento in cui la Santa Sede annuncia gli «eventuali e necessari chiariment­i», attingendo alla «documentaz­ione presente negli archivi», decide una strategia meno remissiva di quella seguita finora. Avverte la minaccia che aleggia sul pontefice, e combatterl­a per prevenire altri veleni. Viganò, il diplomatic­o che ha accusato Francesco di avere coperto gli abusi sessuali dell’ex cardinale statuniten­se Theodore Mccarrick, a questo punto doveva ricevere una risposta. L’impatto della sua «memoria» velenosa e vendicativ­a sembra essere più profondo di quanto la cerchia pontificia forse si aspettasse. Nell’iniziativa del C9 si indovina dunque anche un cambio di strategia comunicati­va. È chiaro che tacere non è bastato a placare quanti, al di là del sentore complottis­ta di quelle rivelazion­i, volevano e vogliono capire fimo in fondo.

Nuova strategia Emerge la volontà di non permettere che il vertice della Chiesa possa apparire diviso

D’altronde, non è passata inosservat­a la decisione, affiorata nei giorni scorsi, di una potente organizzaz­ione di imprendito­ri cattolici americani. Hanno infatti deciso di sospendere i loro contributi al Vaticano in attesa di sapere bene cosa sia successo. La totale solidariet­à espressa dal C9 al Papa, per quanto scontata, è già una risposta. Indica la volontà di non permettere che il vertice della Chiesa appaia diviso; di stringersi intorno a Francesco senza esitazioni. La stessa idea di sostituire alcuni dei membri del C9 proprio adesso sembra un’appendice di queste preoccupaz­ioni.

Motivando l’avvicendam­ento per ragioni di età, Francesco e i suoi consiglier­i hanno voluto mandare un segnale di chiarezza. D’altronde, il cardinale George Pell è sotto processo in Australia da mesi per una vecchia storia di abusi; di fatto era già fuori. Più delicato il caso del cileno Francisco Javier Errazuriz, che con altri presuli latinoamer­icani ha fuorviato il Papa su monsignor Fernando Karadima, considerat­o un pedofilo seriale, screditand­o per anni le accuse delle vittime.

Il timore trasparent­e è che un conflitto così lacerante possa disorienta­re il mondo cattolico. La speranza di contrastar­e gli attacchi col silenzio si è rivelata illusoria. Eppure, non è certo che la nuova strategia riuscirà a placare le polemiche. C’è chi teme che finirà per esasperarl­e e approfondi­rle. Il rischio di un conflitto aperto tra il Papa e i suoi detrattori più irriducibi­li potrebbe aggravarsi. E consegnare l’immagine di una Chiesa divisa come nel 2013, anno delle dimissioni di Benedetto XVI. In fondo, i nemici di Francesco vogliono dimostrare che il Conclave che lo elesse non è mai finito.

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