«Liti con Matteo già dal liceo, ma sull’ europa sono d’accordo»
«Non ho mai avuto problemi a dire a Matteo Salvini quello che penso. Fin da quando aveva 16 anni e frequentava il liceo Manzoni. Più di una voltaci siamo scontra senta zio ne ti, già allora era contro i Rom. Io ne avevo adottato uno, figuriamoci quindi. Abbiamo litigato allora e possiamo litigare anche adesso». Ieri pomeriggio, don Gino Rigoldi ha aspettato il ministro dell’interno sul retro della sua fondazione, nella periferia meridionale di Milano. E alla fine i due si sono confrontati di nuovo.
Il sacerdote, che da oltre quarant’anni si occupa di tossicodipendenti ed ex detenuti, ma anche di migranti, ha discusso con il leader della Lega per quasi mezz’ora, prima che cominciasse la pre- del nuovo rapporto «Change» di Swg e Kratesis. Il paladino degli ultimi faccia a faccia con il «capitano» del «prima gli italiani».
I toni sono rimasti cordiali, litigi non ci sono stati. Ma don Gino non ha avuto remore a manifestare la propria opinione.
Che cosa gli ha detto?
«L’idea che ci siano prima i nostri e poi gli altri non esiste proprio, significa rinnegare la solidarietà — spiega a margine dell’incontro —. La dignità delle persone non può essere umiliata, come secondo me è accaduto per i migranti della nave Diciotti. Si è trattato di una linea di condotta sconveniente, nessuno dovrebbe comportarsi così, men che meno lo Stato o un ministro dell’interno».
La Fondazione Rigoldi fornisce anche assistenza legale a richiedenti asilo: lei conosce il problema. E la crisi libica la spaventa, con le migliaia di migranti pronti a mettersi in mare verso le coste italiane?
«Credo che di fronte a una sciagura di queste dimensioni, e oltre ai libici ci sono anche tre milioni di siriani in fuga, finalmente debba intervenire l’europa. Non si può pensare che l’italia si prenda 3 milioni e mezzo di rifugiati».
In questo, però, è d’accordo con Salvini?
«Ma certo, perché è un dato evidente. Anche se non è possibile chiudere i porti e farli morire in mare, penso che l’italia non riesca ad accoglierli tutti. Dovrebbe intervenire qualche altra nazione, la Cina ad esempio, o magari gli amici del ministro, a cominciare dal premier ungherese Orbán che non mi pare abbia fatto molto fino ad oggi».