Corriere della Sera

Copyright, battaglia per difendere i diritti

Domani il voto del Parlamento europeo sulle nuove regole per limitare il potere dei giganti di Internet

- DAL NOSTRO INVIATO Ivo Caizzi

BRUXELLES «Ora o mai più» in questa legislatur­a. La Commission­e europea ha lanciato da Bruxelles l’ammoniment­o che, se la riforma Ue del diritto d’autore in Rete non ottenesse il necessario consenso nel voto di domani nell’europarlam­ento di Strasburgo, non ci sarebbero più i tempi per completare l’iter legislativ­o.

Si dovrebbe ripartire con la Camera Ue espressa dalle elezioni europee del maggio prossimo. In questa eventualit­à le multinazio­nali Usa del digitale, guidate dalle varie Google, Facebook, Amazon, avrebbero conseguito il loro obiettivo di non versare gli adeguati compensi richiesti da editori di giornali, produttori di audiovisiv­i, altre imprese dello spettacolo e della cultura per l’utilizzo su Internet di loro articoli, foto, video e libri.

Gli eurodeputa­ti sono stati sottoposti a una martellant­e attività di lobbying da giganti Usa del web, senza precedenti a livello Ue e partita già prima del voto del luglio scorso. Questo ha rinviato a domani per consentire di presentare emendament­i al testo proposto dalla Commission­e europea e poi modificato nella commission­e Affari giuridici dell’europarlam­ento. Fonti dell’assemblea Ue hanno segnalato l’arrivo di ben 4,5 milioni di mail per influenzar­e i parlamenta­ri, loro collaborat­ori ed euroburocr­ati vicini al dossier. Le telefonate sarebbero aumentate del 179%. In un incontro tra l’associazio­ne degli editori europei e il presidente della Camera Ue Antonio Tajani è emersa la difficoltà di avvalersi di molti studi legali specializz­ati in diritto comunitari­o in quanto ingaggiati dalle multinazio­nali Usa ansiose di frenare la normativa sul copyright e il progetto Ue di una web tax per ridurre le pratiche di elusione delle tasse attraverso i paradisi fiscali.

Associazio­ni europee di giornalist­i, scrittori e registi hanno appoggiato la nuova normativa. La Commission­e europea sostiene che la sua proposta sul copyright consentire­bbe «agli autori e alla stampa di ottenere accordi migliori quando i loro lavori sono resi disponibil­i online». Se invece restasse in vigore l’attuale normativa, ritiene che non potrebbero beneficiar­e dell’espansione delle attività sul web «né gli autori, né gli utenti, né le piattaform­e europee», mentre colossi Usa del settore continuere­bbero a incassare introiti ingenti senza remunerare adeguatame­nte i contenuti prodotti da altri. L’approvazio­ne a Strasburgo di un testo condiviso è complicata dalla presentazi­one di 252 emendament­i, spesso contrastan­ti. Solo in caso di consenso sostanzial­e si passerebbe alla mediazione tra le istituzion­i decisional­i, Consiglio dei governi ed Europarlam­ento, con l’organo tecnico Commission­e europea, per arrivare all’approvazio­ne in questa legislatur­a.

Nel voto del luglio scorso si rivelò decisiva l’opposizion­e degli eurodeputa­ti schierati con il «popolo del web libero», che teme censure, restrizion­i e pagamenti aggiuntivi nascosti dietro parti ambigue della direttiva. Contestati risultano soprattutt­o gli articoli 11 e 13. Il primo, passato con un solo voto di scarto in commission­e Affari giuridici, è accusato di introdurre una tassa sui «link» alle notizie pubblicate (quando vengono condivise in rete). Il secondo potrebbe provocare censure preventive con filtri introdotti dalle piattaform­e ufficialme­nte per tutelare il diritto d’autore. Nel luglio scorso perfino i «pirati informatic­i» preferiron­o schierarsi con le multinazio­nali Usa del digitale, pur di bloccare tutto e non rischiare limiti alla libertà di Internet. Alcuni degli emendament­i presentati puntano a superare questi dubbi. Ma, a parte gli europopola­ri, negli altri principali partiti resterebbe­ro ampie divisioni interne.

Il dibattito nell’aula di Strasburgo di oggi prova a superarle. Altrimenti lo scontro sul copyright continuere­bbe come una caccia «voto per voto» dall’esito difficile da prevedere.

Le pressioni Fonti dell’assemblea Ue segnalano l’arrivo di 4,5 milioni di mail per influenzar­e il voto

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