Fenati licenziato,
Silurato dal team attuale e da quello futuro, la Mv. «Ho fatto una sciocchezza, ma non posso pagare così»
ASCOLI Il cancello grigio del fan club è sbarrato, i murales colorati anziché accogliere i tifosi festanti all’ingresso della sede restano oggi ingabbiati nelle inferriate della recinzione. «È inutile suonare, è tutto chiuso, non verrà nessuno. Per loro, è un giorno di lutto» dice un signore di mezza età affacciandosi dal portone accanto. «Loro» sarebbero Romano Fenati, la mamma manager Sabrina, la fidanzata Asya e l’entourage di parenti e amici che qui, nella periferia industriale di Ascoli, ha costruito negli anni una specie di quartier generale del pilota.
La carriera sportiva del talento delle due ruote all’improvviso si è interrotta. Tutta colpa della follia di domenica, quando a Misano, nel Gran premio di Moto2, al termine di un lungo duello con il rivale Stefano Manzi, ha allungato la mano a 217 all’ora verso l’avversario, tirandogli la leva del freno. Un gesto sconsiderato e pericoloso: bandiera nera, squalifica immediata e due turni di stop. Il day after però è stato ancora peggio: sono arrivati nello stesso giorno due licenziamenti. Prima l’attuale squadra, il Marinelli Snipers Team, ha comunicato la rescissione del contratto. E poi è stata la Mv Agusta, che aveva ingaggiato Fenati per la prossima stagione, ad annunciare che per il pilota indisciplinato non c’è posto nella propria squadra.
Il mea culpa via social di Fenati non è servito a evitargli di finire fuori dal grande circo del motociclismo, almeno per adesso. «Chiedo scusa a tutto il mondo sportivo — ha scritto su Facebook — ho fatto un gesto inqualificabile, non sono stato un uomo... le critiche soso no corrette e comprendo l’astio nei miei confronti... ho sbagliato ma considerate il momento: Manzi mi ha portato fuori pista. Non è una giustificazione, non ci sono scuse ma cercate di capirmi. Ora avrò tempo per riflettere e chiarirmi le idee».
Ieri il clan Fenati si è chiuso a riccio. Chi ha provato a chiamare la mamma-manager, si è sentito chiudere il telefono in faccia. E al citofono dell’appartamento di famiglia nel quartiere di Porta Romana, nessuno ha risposto. «È un momento difficile» dice un commes-
dAutocritica Non sono stato un uomo! Ma io non sono così Non ci sono scuse ma cercate di capirmi della ferramenta di Romano Fenati Senior, nonno del pilota, «ancora non è chiaro che cosa succederà». «Ha solo toccato la leva del freno — aggiunge nonno Romano — non sono riuscito a parlare con mio nipote, ha il telefono staccato».
In gioco non c’è solo la carriera sportiva, ma anche un una cosa simile è assolutamente gravissimo e macchia l’immagine del motociclismo» ha detto a Radio 24.
Cresciuto con la madre Sabrina che gli cura gli affari, il «Cinghialotto» porta Ascoli nel cuore e sul casco. Il legame con la sua terra è profondo: quando il terremoto colpì nell’estate del 2016 lui caricò un furgone con caschi, pale e scarponi e si precipitò ad Amatrice per dare una mano. Era stato da poco licenziato dalla squadra di Valentino, quando era ancora in corsa per il titolo. Aveva superato il Licenziato Romano Fenati è stato licenziato dal team Sniper e scaricato dalla Mv Agusta con la quale aveva firmato per il 2019 per aver tirato il freno di Stefano Manzi a 217 km/h (Milagro, Ansa) progetto imprenditoriale costruito intorno al pilota. I contratti sono infatti gestiti da una società ad hoc, la Fennyfive Srl, di cui amministratrice unica, secondo gli ultimi dati disponibili, è Sabrina, la mamma dell’ormai ex enfant prodige.
Il fan club è invece anche un «ristorantino» promosso su Internet in cui i tifosi si ritrovavano per vedere le gare del proprio idolo e festeggiare per i suoi piazzamenti. E allo studio c’era una linea di merchandising, mentre il sogno del nonno, primo tifoso ma anche primo sponsor, era quello di creare un grande centro di avviamento al motociclismo magari realizzando una pista proprio ad Ascoli, nella periferia dove alle spalle dei capannoni industriali, qualche anno fa, il piccolo Romano aveva imparato a guidare la moto. «Era un fenomeno — ricordano gli amici del quartiere — nessuno riusciva a stargli dietro. Adesso è distrutto, non è un criminale come qualcuno vuole dipingerlo».
Il processo degli haters, gli odiatori seriali, è intanto già arrivato a sentenza e sui social si sono scatenati con minacce di morte al pilota e offese alla fidanzata. Lui con gli amici si è sfogato: «Ho fatto una cazz… ma non posso pagare un prezzo così alto, non è giusto». limite in un confronto burrascoso con «Uccio» Salucci, amico e braccio destro del Dottore. Rossi quella decisione non l’aveva presa a cuor leggero, non si capacitava di come uno degli allievi più dotati dell’academy di Tavullia riuscisse a rovinarsi da solo in quel modo. E quando Fenati era tornato a vincere con un’altra squadra gli aveva fatto i complimenti. Perché il Fenati bis profumava di happy end. Alla corte di Giancarlo Cecchini, il decano del paddock (è stato meccanico di Agostini, Hailwood e Pasolini), diceva «di aver trovato l’armonia». E così sembrava: tre vittorie e il 2° posto nel Mondiale. Poi quest’anno il salto nella classe superiore, la Moto2. Un salto senza paracadute.