Orbán, sconfitta dei populisti
L’europarlamento contro l’ungheria. Sì alla direttiva sul copyright, Di Maio accusa
Approvata a Strasburgo la risoluzione contro Orbán. Sconfitti i populisti. Via libera anche alla legge sul copyright. Di Maio accusa. E intanto i pm genovesi volano in Lussemburgo per le carte sui 49 milioni della Lega.
Per la prima volta STRASBURGO l’europarlamento ha approvato di chiedere ai governi Ue di applicare le sanzioni dell’articolo 7 del Trattato individuando violazioni dell’esecutivo ungherese di valori democratici e dello stato di diritto. La decisione del partito europopolare Ppe di lasciare libertà di voto contro il suo membro e premier di Budapest Viktor Orbán ha consentito di superare la necessaria maggioranza di due terzi con 448 favorevoli e 197 contrari.
Orbán è emerso in Ungheria come leader anti-comunista e conquistando ampie maggioranze parlamentari. È stato criticato nel Ppe per la sintonia con il vicepremier leghista Matteo Salvini soprattutto sulla linea dura anti-immigrati. Martedì scorso è intervenuto al dibattito pre-voto nell’aula di Strasburgo senza cercare compromessi, attaccando frontalmente l’ue e prevedendo provocatoriamente la sua sconfitta, che ritiene in grado di fargli guadagnare consensi tra i tanti euroscettici ungheresi. Il governo di Budapest è accusato di aver messo sotto controllo le parti scomode della magistratura e della stampa, di non rispettare i diritti di minoranze etniche e di boicottare organizzazioni non governative. L’europarlamento ha avanzato anche sospetti di corruzione dietro l’arricchimento di soggetti collegabili al partito di maggioranza Fidesz.
L’unica altra procedura per l’articolo 7 per violazioni dei diritti fondamentali dell’ue è stata aperta nel 2017 dalla Commissione europea in forma preliminare contro la Polonia, alleata dell’ungheria nel movimento dei «sovranisti». Le conseguenze sarebbero solo politiche perché, per arrivare alla principale sanzione (la traumatica sospensione del diritto di voto a livello Ue), servirebbe l’unanimità (escludibile a priori da parte dei governi di Varsavia e Budapest). Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjártó, ha definito il voto della Camera Ue «una meschina vendetta dei politici pro-immigrazione» e ha parlato di «metodo fraudolento» perché non sono stati calcolati i 48 astenuti, che non avrebbero consentito la maggioranza di due terzi.
La cancelliera tedesca Angela Merkel (Ppe) e il presidente francese Emmanuel Macron (La République En Marche) hanno pilotato a distanza la condanna a Strasburgo del vertice dell’ungheria. Il grosso del Ppe ha votato contro Orbán, che è stato appoggiato da Forza Italia/cdu e da membri dell’est. Gran parte dei socialisti, che includono il Pd, Liberali, Verdi e Sinistre si sono schierati contro il premier ungherese, sostenuto da sovranisti come la Lega di Salvini. Il M5S ha votato per le sanzioni. Orbán ha escluso l’uscita dal Ppe del suo Fidesz. Intende contrastare la maggioranza filo-berlino dall’interno e favorire il dialogo con Salvini in vista delle elezioni europee del maggio prossimo, dove i sovranisti sono pronosticati in ascesa e con possibilità di far saltare la maggioranza tra popolari e socialisti.
«Se fossi stato un deputato, avrei votato per l’attivazione dell’articolo 7», ha detto il presidente lussemburghese della Commissione europea Jean-claude Juncker (Ppe), che ha pronunciato a Strasburgo il suo ultimo discorso sullo stato dell’unione. Le sue proposte annunciate appaiono però destinate a non diventare operative in questa legislatura perché il suo mandato scade nel 2019. Juncker ha criticato i «nazionalismi malsani», i sovranisti e, soprattutto, Salvini per aver sostenuto che «guadagna voti» ogni volta che il lussemburghese interviene contro il governo italiano.