Il gelo di Bonafede: non rincorriamo la Lega
Il Guardasigilli infastidito dalle parole dell’alleato leghista
«Chi sta scrivendo il cambiamento non può pensare di far ritornare l’italia nella Seconda Repubblica», sostiene il Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede. Che ammonisce i suoi a non rincorrere la Lega. a pagina
ROMA Per conoscere la posizione del ministro della Giustizia sul nuovo scontro tra Salvini e i magistrati, basta recuperare le sue dichiarazioni di una settimana fa, a commento del precedente scontro tra Salvini e i magistrati. O quelle di luglio, sull’ancora precedente scontro tra Salvini e i magistrati. In effetti c’è una certa ripetitività di situazioni, che necessariamente comporta la ripetitività delle reazioni. Sempre uguali: «Chi sta scrivendo il cambiamento non può pensare di far ritornare l’italia nella Seconda Repubblica», sostiene il Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede.
Tradotto, significa che sarebbe meglio evitare i toni del conflitto permanente tra politica e giustizia che rievocano i tempi dei governi Berlusconi, o comunque con Berlusconi protagonista. Del resto, fino alle elezioni di marzo, la Lega salviniana era alleata di Forza Italia; ora lo è dei Cinque Stelle, ma evidentemente il rapporto con i giudici resta sempre un nervo scoperto. Perché il vicepremier e ministro dell’interno li considera un ostacolo alla sua azione di governo, o alla sua propaganda.
In materia di migranti, con l’indagine scaturita dalla gestione del «caso Diciotti»; in tema di agibilità politica, dopo il sequestro dei fondi del partito deciso dai giudici di Genova; sulla riforma della legittima difesa, vecchia battaglia leghista sulla quale il leader denuncia ora una «invasione di campo» dell’associazione magistrati.
Le opinioni dissenzienti sui provvedimenti giudiziari o sul pensiero di singoli magistrati vanno bene, ma l’attacco generalizzato alle toghe no: questo pensa e sostiene il ministro Bonafede, che però fatica a rincorrere le rumorose uscite del partner leghista. Pur non condividendole, ha spiegato ai suoi collaboratori che preferisce non replicare, fosse pure per ricordargli il rispetto dei ruoli istituzionali. Sarebbe una strategia perdente. Parlare di quello che fanno gli altri, tanto più per difendere non se stesso o il suo Movimento bensì la categoria togata la cui maggioranza non ha un buon feeling con i Cinque Stelle, non conviene; né sul piano dei contenuti né sul piano della mera tecnica comunicativa. Meglio ostentare un freddo distacco e parlare delle cose fatte dal suo Dicastero, che gli garantiscono visibilità propria e non mediata dalla presenza di Salvini, nonché la possibilità di rivendicare le riforme promosse da lui. Come il disegno di legge anticorruzione, che però a dieci giorni dall’annuncio in pompa magna dell’approvazione in consiglio dei ministri non ha ancora visto la luce. Pare sia fermo a Palazzo Chigi, in attesa di essere trasmesso e calendarizzato alla Camera.
Bonafede pensa a quello, prima che alle modifiche alla legge sulla legittima difesa che sono state affidate alla dinamica parlamentare, e su cui si sono concentrate le ultime critiche dell’anm. È vero che anche quella riforma fa parte dei «contratto» sottoscritto dai due partiti di maggioranza, ma è vero pure che il testo in discussione al Senato è firmato solo da parlamentari leghisti, nessun grillino. Per farlo passare bisognerà trovare un accordo, e quando sarà individuato il punto di incontro tra le esigenze salviniane di far passare il concetto di una «difesa sempre legittima» e la salvaguardia di alcuni principi basilari (come la necessità dell’accertamento giudiziario, in ogni caso, di fronte a una reazione armata), anche il ministro della Giustizia dirà la sua sul punto. Per adesso resta fermo alla necessità di una maggiore chiarezza legislativa, per non lasciare gli indagati nel limbo dell’incertezza, più volte ribadita.
Stesso discorso può farsi sul decreto sicurezza a cui stanno lavorando i tecnici del ministero dell’interno, ai quali i colleghi della Giustizia hanno ricordato i confini costituzionali che non si possono oltrepassare per seguire le indicazioni di Salvini; per esempio sulle espulsioni degli stranieri dopo la presunta consumazione di un reato, o altre questioni di non semplice soluzione. Anche per questo, di fronte alle continue uscite di Salvini che sembra proseguire la sua campagna elettorale permanente, è meglio non reagire pubblicamente. Almeno finché è possibile.