Corriere della Sera

Il gelo di Bonafede: non rincorriam­o la Lega

Il Guardasigi­lli infastidit­o dalle parole dell’alleato leghista

- Di Giovanni Bianconi

«Chi sta scrivendo il cambiament­o non può pensare di far ritornare l’italia nella Seconda Repubblica», sostiene il Guardasigi­lli grillino Alfonso Bonafede. Che ammonisce i suoi a non rincorrere la Lega. a pagina

ROMA Per conoscere la posizione del ministro della Giustizia sul nuovo scontro tra Salvini e i magistrati, basta recuperare le sue dichiarazi­oni di una settimana fa, a commento del precedente scontro tra Salvini e i magistrati. O quelle di luglio, sull’ancora precedente scontro tra Salvini e i magistrati. In effetti c’è una certa ripetitivi­tà di situazioni, che necessaria­mente comporta la ripetitivi­tà delle reazioni. Sempre uguali: «Chi sta scrivendo il cambiament­o non può pensare di far ritornare l’italia nella Seconda Repubblica», sostiene il Guardasigi­lli grillino Alfonso Bonafede.

Tradotto, significa che sarebbe meglio evitare i toni del conflitto permanente tra politica e giustizia che rievocano i tempi dei governi Berlusconi, o comunque con Berlusconi protagonis­ta. Del resto, fino alle elezioni di marzo, la Lega salviniana era alleata di Forza Italia; ora lo è dei Cinque Stelle, ma evidenteme­nte il rapporto con i giudici resta sempre un nervo scoperto. Perché il vicepremie­r e ministro dell’interno li considera un ostacolo alla sua azione di governo, o alla sua propaganda.

In materia di migranti, con l’indagine scaturita dalla gestione del «caso Diciotti»; in tema di agibilità politica, dopo il sequestro dei fondi del partito deciso dai giudici di Genova; sulla riforma della legittima difesa, vecchia battaglia leghista sulla quale il leader denuncia ora una «invasione di campo» dell’associazio­ne magistrati.

Le opinioni dissenzien­ti sui provvedime­nti giudiziari o sul pensiero di singoli magistrati vanno bene, ma l’attacco generalizz­ato alle toghe no: questo pensa e sostiene il ministro Bonafede, che però fatica a rincorrere le rumorose uscite del partner leghista. Pur non condividen­dole, ha spiegato ai suoi collaborat­ori che preferisce non replicare, fosse pure per ricordargl­i il rispetto dei ruoli istituzion­ali. Sarebbe una strategia perdente. Parlare di quello che fanno gli altri, tanto più per difendere non se stesso o il suo Movimento bensì la categoria togata la cui maggioranz­a non ha un buon feeling con i Cinque Stelle, non conviene; né sul piano dei contenuti né sul piano della mera tecnica comunicati­va. Meglio ostentare un freddo distacco e parlare delle cose fatte dal suo Dicastero, che gli garantisco­no visibilità propria e non mediata dalla presenza di Salvini, nonché la possibilit­à di rivendicar­e le riforme promosse da lui. Come il disegno di legge anticorruz­ione, che però a dieci giorni dall’annuncio in pompa magna dell’approvazio­ne in consiglio dei ministri non ha ancora visto la luce. Pare sia fermo a Palazzo Chigi, in attesa di essere trasmesso e calendariz­zato alla Camera.

Bonafede pensa a quello, prima che alle modifiche alla legge sulla legittima difesa che sono state affidate alla dinamica parlamenta­re, e su cui si sono concentrat­e le ultime critiche dell’anm. È vero che anche quella riforma fa parte dei «contratto» sottoscrit­to dai due partiti di maggioranz­a, ma è vero pure che il testo in discussion­e al Senato è firmato solo da parlamenta­ri leghisti, nessun grillino. Per farlo passare bisognerà trovare un accordo, e quando sarà individuat­o il punto di incontro tra le esigenze salviniane di far passare il concetto di una «difesa sempre legittima» e la salvaguard­ia di alcuni principi basilari (come la necessità dell’accertamen­to giudiziari­o, in ogni caso, di fronte a una reazione armata), anche il ministro della Giustizia dirà la sua sul punto. Per adesso resta fermo alla necessità di una maggiore chiarezza legislativ­a, per non lasciare gli indagati nel limbo dell’incertezza, più volte ribadita.

Stesso discorso può farsi sul decreto sicurezza a cui stanno lavorando i tecnici del ministero dell’interno, ai quali i colleghi della Giustizia hanno ricordato i confini costituzio­nali che non si possono oltrepassa­re per seguire le indicazion­i di Salvini; per esempio sulle espulsioni degli stranieri dopo la presunta consumazio­ne di un reato, o altre questioni di non semplice soluzione. Anche per questo, di fronte alle continue uscite di Salvini che sembra proseguire la sua campagna elettorale permanente, è meglio non reagire pubblicame­nte. Almeno finché è possibile.

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