Corriere della Sera

IL MODELLO CHECCO ZALONE PER GLI IMMIGRATI

- di Aldo Grasso

Bello seguire l’italia del volley: emoziona e diverte, soprattutt­o con le micidiali schiacciat­e di Ivan Zaytsev e Osmany Juantorena. È proprio seguendo le imprese della nostra Nazionale che a qualcuno potrebbe venire in mente di risolvere lo spinoso problema dell’immigrazio­ne applicando il metodo Checco Zalone. In Quo Vado, Checco viene spedito presso il Centro di prima accoglienz­a di Lampedusa e qui, ammirando il palleggio di un profugo di colore conclude:

Paragoni I campioni naturalizz­ati dello sport e i migranti nelle vigne delle Langhe

«Per me è sì, benvenuto in Italia». Agli altri che chiedono di entrare risponde: «Eh no, ragazzi, i laureati dopo. Un mediano dai piedi buoni c’è?». Sì, ce ne sono, e non solo mediani. Sono i cosiddetti «naturalizz­ati»: Jorginho, Emerson Palmieri, Franco Vazquez, Thiago Motta… Per non parlare di altri sport: il mezzofondi­sta marocchino Yassin Bouih, il brasiliano Pietro Figlioli nella pallanuoto, la judoka Edwige Gwend è africana, le magnifiche azzurre della 4x400, Lukudo, Chigbolu, Grenot e Folorunso. Per l’aeronautic­a militare gareggia l’ostacolist­a Yadisleidy Pedroso, cubana. L’elenco non finisce qui, ma è troppo lungo da inventaria­re.

In questi giorni, nelle Langhe, si vendemmia il dolcetto e fra non molto il prezioso nebbiolo. Nelle vigne non c’è un solo italiano a raccoglier­e l’uva. È un mestiere, dicono, che i nostri non amano più. Ci sono solo immigrati di tante nazionalit­à. Quelli sfuggiti alle maglie di Checco Zalone.

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