I paletti della Tunisia per i rimpatri Niente iter speciale
ROMA Ci vorrà un po’ di più di qualche giorno per riportare in patria gli stranieri sbarcati giovedì sera a Lampedusa. Come minimo tre settimane, secondo l’accordo attualmente in vigore fra Italia e Tunisia sui rimpatri dei migranti provenienti dal Paese nordafricano. Tunisi non ha infatti intenzione di accettare voli straordinari, almeno se le cose dovessero restare così, oltre ai due charter settimanali — il lunedì e il giovedì con quaranta clandestini a bordo —, previsti da quel documento. Un intoppo forse imprevisto all’indomani dello sbarco di circa 180 tunisini, più una famiglia siriana, approdati sull’isola siciliana a bordo di sette motoscafi(dopo essere transitati senza essere soccorsi o fermati in acque maltesi), quasi tutti poi trasferiti a Trapani in attesa della partenza del primo aereo per il rimpatrio già domani mattina.
Ma il ministro dell’interno Matteo Salvini, che oltre ad attaccare ancora una volta Malta per non essere intervenuta ha auspicato un’operazione di rimpatrio più rapida e di tutti i migranti, vuole correre subito ai ripari: per martedì è in programma un incontro fra delegazioni di tecnici italiani e tunisini. Sarà l’occasione per la Tunisia per presentare le sue richieste per modificare l’accordo originario mentre Salvini volerà a Tunisi a fine mese. «Stiamo lavorando sul flusso in arrivo da lì. Martedì avrò un incontro a Roma (con il suo omologo Hichem Fourati, ndr), in Tunisia non c’è guerra e non c’è carestia e non si capisce perché barchini o barconi devono partire e arrivare in Italia». Sui voli il vice premier appare ottimista: «Vogliamo cambiare accordi che altri ci hanno lasciato che non sono assolutamente soddisfacenti. Charter già ne partono per la Tunisia settimanalmente, l’importante è che ne partano di più e con più gente a bordo». A complicare le cose potrebbero però essere le eventuali richieste di asilo politico che i migranti tunisini potrebbero presentare in Italia. In quel caso la procedura di rimpatrio si fermerebbe, anche perché altrimenti si rischia di violare le norme internazionali e una condanna da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo. Il quadro dell’immigrazione dalla Tunisia è già abbastanza complesso.
Dai dati della Direzione centrale dell’immigrazione emerge che su 3.515 tunisini identificati da gennaio 1.633 sono stati rimpatriati, 128 respinti alla frontiera e 51 riammessi nei Paesi europei di provenienza (Francia, Svizzera, Austria, Slovenia e Grecia) per un totale di 1.812. Degli espulsi 569 sono stati accompagnati alla frontiera, 64 hanno ricevuto un provvedimento dell’autorità giudiziaria e 995 sono stati respinti dai questori. In cinque hanno rispettato l’ordine di lasciare da soli il territorio nazionale, ma ben 1.695 dei 1.703 rintracciati nel 2018, ma poi non rimpatriati, non l’hanno fatto.
Anche di questo si parlerà nel corso del vertice tecnico italo-tunisino mentre nei prossimi giorni saranno consegnate a Tunisi le due imbarcazioni d’altura di 35 metri per il pattugliamento delle acque territoriali donate dall’italia e adesso riparate nei nostri cantieri. Ma nelle ultime ore si è mosso qualcosa anche con la Germania: il ministro dell’interno tedesco Horst Seehofer si è professato ottimista sull’accordo in discussione con l’italia sui rifugiati. «Continuerò: lo faremo», ha detto. E ha aggiunto: «Ma L’italia vuole vedere soddisfatte altre richieste».
Dopo Lampedusa
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