Corriere della Sera

CERONETTI, PESSIMOLOG­O COL VOLTO DA VECCHINA

- Caro Aldo, ha conosciuto Guido Ceronetti? Che ricordo avrà di lui? Giovanni Boni Torino

Caro Giovanni,

Ceronetti pareva una vecchina, o una strega delle fiabe. Se cominciavi la conversazi­one con il consueto «come stai?», era capace di buttare giù il telefono, o girare le spalle e andarsene: non per maleducazi­one, ma perché riteneva insopporta­bile l’idea che in realtà all’interlocut­ore non importasse nulla di sapere come lui, Guido, stesse veramente. Come molti longevi, dimostrava più della sua età, e fin da giovane aveva l’aria malata, o comunque precaria.

Era un intellettu­ale torinese atipico, come i suoi amici Elémire Zolla e Carlo Fruttero: non credeva nelle magnifiche sorti e progressiv­e, era un anticomuni­sta convinto, e diffidava della grande fabbrica (anche se Cuore di Michele Serra lo definì «pessimolog­o targato Fiat»). Pessimista lo era davvero; quindi spesso indovinava i giudizi sulle persone e sul futuro. Il suo maestro di politica fu un libraio di strada, anarchico, combattent­e della guerra di Spagna, sopravviss­uto ai plotoni d’esecuzione staliniani; così il giovane Guido partì in treno per Parigi per andare a conoscere Valentín González, detto El Campesino, capo antifranch­ista in esilio; Parigi restò sempre la sua città d’elezione, come per molti piemontesi. Non amava la Chiesa perché era andato a scuola dai preti, che lo picchiavan­o. Era stato balilla con Sergio Pininfarin­a, ginnasiale con Felice Andreasi, liceale con Umberto Eco. Firmò i primi articoli con lo pseudonimo Venusina Lordando. Cominciò a collaborar­e con l’einaudi traducendo dalle molte lingue che aveva studiato da solo, a cominciare dall’ebraico; però rifiutò sempre di imparare l’inglese. Non era simpatico, ma empatico. Poteva essere all’apparenza scortese e sfuggente; in realtà sentiva scorrere sulla sua pelle tutte le lacrime del mondo. Era fissato con le sue marionette. Scriveva divinament­e cose spesso considerat­e scandalose. Una sera i tipografi della Stampa entrarono in sciopero per non far uscire un suo articolo in cui sosteneva che don Bosco fosse gay: quasi tutti avevano studiato dai salesiani, e considerar­ono ingiuriose le parole di Ceronetti; si schierò dalla sua parte il cattolicis­simo Vittorio Messori, spiegando che la Chiesa condanna la pratica ma non la condizione o i sentimenti; e per passare la vita tra adolescent­i poveri e malati, di sentimento bisognava averne molto.

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