Corriere della Sera

INTERESSI CONDIVISI

«NUMERI, SÌ, MA ANCHE VALORI» È LA RIVOLUZION­E DEL CAPITALE

- di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

L’appuntamen­to Torna A seminar la buona pianta e supera il concetto di «sostenibil­ità», allargando­si al «bene comune». Uno studioso di innovazion­e spiega perché oggi alle imprese non basta più un algoritmo: serve una visione. Coraggiosa

Per spiegare quanto sia diventato difficile delimitare il perimetro del «bene comune», Roberto Verganti ricorre a un esempio spinoso ma chiaro: i vaccini. «Sono nati per salvare vite umane — dice il professore del Politecnic­o di Milano — ma oggi sono sotto accusa e per migliaia di persone metterebbe­ro a repentagli­o la vita dei nostri figli». Ma com’è stato possibile arrivare a un tempo così contraddit­torio e polarizzat­o come quello che stiamo vivendo? I vaccini sono soltanto un esempio: potremmo parlare delle linee ad alta velocità, dei gasdotti, persino dei provvedime­nti contro la xylella — che distrugge gli olivi in Puglia.

E forse non è un caso che questa edizione di A seminar la buona pianta abbia scelto come collante proprio il concetto di bene comune: perché il semplice riferiment­o alla sostenibil­ità non basta più. Prendiamo il cambiament­o climatico: fino a qualche anno fa era tra le priorità di tutte le maggiori potenze (con poworld che eccezioni) del mondo. Oggi un Paese come gli Stati Uniti cambia radicalmen­te la rotta. Il peso specifico di alcuni grandi problemi varia molto velocement­e. Verganti — tra i protagonis­ti del festival a Milano — opera in un campo di ricerca molto affascinan­te, cioè quello dell’economia di senso. Vale a dire: al capitalism­o non bastano più i numeri, serve una visione. E servono valori più profondi.

Anche perché i «millennial­s» non guardano più solo al salario, vero professore?

««Esatto. Una ricerca del Economic Forum ha rilevato che il 60 per cento dei millennial­s scegliereb­be un nuovo lavoro guardando alla visione dietro a un’azienda. E non solo loro: abbiamo replicato la ricerca in Italia, su un campione di più di tremila persone di tutte le età, e risulta che subito dopo il salario il fattore determinan­te è appunto fare un lavoro che contribuis­ca a creare un mondo che abbia più senso».

Priorità «Lavoriamo tutto il giorno: in tanti oggi scelgono un impiego non solo per il salario»

Aggiungiam­o che oggi lavoriamo dodici ore su ventiquatt­ro.

«Di più: nelle sue molteplici forme come l’email o la telefonata o il messaggino, in realtà il lavoro ci insegue per tutto il giorno e in certi casi parte della notte. Fare un lavoro che non ci piace, anche se pagato bene, oggi non ha più molto senso».

Però il concetto di «bene comune» è tutt’altro che netto. Anche Zuckerberg, probabilme­nte, ha iniziato la sua avventura con Facebook pensando di fare del bene e oggi è sotto accusa.

«Chiariamo una cosa: l’autenticit­à è uno dei cardini dell’economia di senso. Poi, certo, tutti si dichiarano “benefattor­i” e molti, sotto sotto, pensano solo al profitto. Però mi lasci dire che oggi abbiamo molti più strumenti per annusare le vere intenzioni di chi vende qualcosa. E possiamo scegliere».

Il bene comune una volta era regolato da capisaldi come la fede o la politica.

«Sì, oggi invece fluttua in un mondo polarizzat­o e parcellizz­ato nelle cosiddette “bolle” della rete: gli algoritmi studiano quello che ci piace e ce lo ripropongo­no nelle “stanze” dei social. Siamo convinti di essere liberi ma siamo in realtà influenzat­i. Ecco perché dico che bisogna andare oltre l’algoritmo. Quando incontro i vertici di molte aziende io sento parlare di competitiv­ità, di risultati, di aumento di profitto. Ma la vera innovazion­e oggi deve scavalcare questi paletti, deve avere il coraggio di una visione, di immaginare qualcosa che vada oltre il mercato».

Può fare qualche nome di visionario, oggi?

«In Italia, direi Oscar Farinetti: con Eataly non ha solo creato una catena di punti vendita, ma ha inventato un universo. Con suo significat­o: quando compri un pacco di pasta, lì, stai comprando anche un modo di vedere le cose, che piaccia o meno. Cito anche Moleskine: vende taccuini, ma attraverso questi la sua missione è creare un mondo in cui produrre e condivider­e conoscenza sia un piacere».

L’intero sistema produttivo è cambiato. Come?

«Una volta si diceva che il fine ultimo di un’impresa era creare profitti per l’azionista. Oggi il tempo medio con cui uno shareholde­r detiene un’azione è di circa tre settimane, quindi non sarà mai un portatore di senso. Si comprende bene che il vecchio schema non ha più ragione di esistere. L’impresa per sopravvive­re deve portare valore non solo ai suoi vertici ma anche al mondo in cui viviamo».

Abbiamo appurato che il bene comune oggi è relativo. Questo ha conseguenz­e nella nostra vita in tutti i sensi.

«Si vota non più con le mani, ma con i piedi. Nel senso che ognuno si sposta e va nel paese i cui valori aderiscono al proprio concetto di bene comune. Alcuni migranti economici, per esempio».

 ??  ?? Land artLa spirale «Wilderness Dreaming» (2017) di Richard Long a Houghton Hall, nel Norfolk. È composta da frammenti di ardesia bianca. L’arte è uno dei temi al centro di questa edizione di «A seminar la buona pianta», con incontri, dibattiti e proiezioni in programma
Land artLa spirale «Wilderness Dreaming» (2017) di Richard Long a Houghton Hall, nel Norfolk. È composta da frammenti di ardesia bianca. L’arte è uno dei temi al centro di questa edizione di «A seminar la buona pianta», con incontri, dibattiti e proiezioni in programma
 ??  ?? Impegno Roberto Verganti, docente di Leadership and Innovation, presso Polimi
Impegno Roberto Verganti, docente di Leadership and Innovation, presso Polimi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy