Caso Schwazer: niente prove, molti dubbi
Il gip: «Il latte delle mucche più tutelato delle sue urine». Chieste nuove indagini
«È più tutelato il latte di un allevatore di mucche che le urine di un atleta»: questa la clamorosa, ed emblematica, frase pronunciata da Walter Pelino, gip del tribunale di Bolzano, venerdì scorso durante l’udienza per la vicenda doping di Alex Schwazer.
Una battuta verosimilmente suscitata dal fatto che nemmeno le sei ore di discussione sono riuscite a far chiarezza sui tanti dubbi e sospetti che continuano a circondare la positività del marciatore altoatesino (riscontrata dal laboratorio di Colonia) costretto a saltare i Giochi olimpici di Rio de Janeiro nel 2016. Dubbi e sospetti che si sono addensati pure sulla perizia genetica depositata dal colonnello del Ris Giampietro Lago, apparso in difficoltà di fronte alle osservazioni dei difensori di Schwazer che contestano il lavoro svolto dai carabinieri, in particolare la sperimentazione sul Dna di 100 volontari. Secondo la perizia, non ci sono prove certe della manomissione delle urine di Schwazer, ma il legale dell’atleta, Gerard Brandstaetter, ha contrattaccato chiedendo la prosecuzione delle indagini — accolta dal pm Giancarlo Bramante — per colmare proprio tutte quelle lacune. La prossima settimana è attesa la decisione di Pelino.
L’altro momento topico dell’udienza si è vissuto quando la difesa di Schwazer ha presentato uno scambio di mail tra Thomas Capdeville, capo antidoping della Iaaf, e Ross Wenzel, consulente legale della Wada. Risponde a un certo punto de Capdeville a Wenzel, riferendosi al laboratorio di Colonia: «Non si rendono conto di essere parte del complotto contro AS e delle potenziali conseguenze per loro?».