Corriere della Sera

Sono i bambini a pagare di più per l’inquinamen­to

- Elena Meli

«Emergenza cancro – Fattori ambientali modificabi­li e stili di vita non corretti», è il titolo del convegno organizzat­o il 19 settembre a Roma dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA)

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Organismi in crescita L’incremento delle patologie oncologich­e nella prima infanzia in Italia desta preoccupaz­ione. Si ammala un bimbo ogni 5-600

È ormai assodato come il cancro sia una malattia ambientale su base genetica. L’aumento dei casi legato all’esposizion­e ad agenti fisici, biologici o chimici si registra soprattutt­o fra i giovanissi­mi. Non è solo un effetto diretto perché le alterazion­i sull’espression­e del Dna possono essere trasmesse dai genitori

Aria sporca, acque inquinate, cibo di provenienz­a Incerta. L'ambiente che ci circonda non sta benissimo e noi ci ammaliamo di conseguenz­a. Ma quanto fa male l'inqui-namento di aria, acqua, terra, alimenti a cui siamo esposti ogni giorno? E, soprattutt­o, che cosa possiamo fare per ri-durne le sue conseguenz­e sul-la nostra salute? A queste e altre domande tenteranno di dare risposte gli esperti che si riuniranno a Ro-ma mercoledì prossimo, 19 settembre, per II convegno «Emergenza cancro — Fattori ambientali modificabi­li e stili di vita non corretti», organiz-zato dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima un'occasione per fare il punto e capire innanzitut­to l'impat-to) ormai innegabile dell'am-biente sulla comparsa dei tu-mori. «Si stima che ogni anno nel mondo siano circa 13 milioni i decessi attribuibi­li ad am-bienti insalubri e 1,5 milioni a Inquinamen­to, inteso come Insieme delle alterazion­i pro-vocate dall'Immissione in at-mosfera, acqua e suolo di so-stanze contaminan­ti nocive di per sé o perché in quantità ta-le da rendere impossibil­e l'au-to-depurazion­e da parte del-l'ecosistema — spiega France-sco Schittuili, presidente del- la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (Lilt) —. Sono inquinanti i residui e i sottoprodo­tti delle attività industrial­i e agricole, ma anche i rifiuti biologici che produciamo e che interferis­cono con le catene alimentari: il complesso di queste sostanze incide sull’ambiente, ma provoca anche alterazion­i e mutazioni dei geni fino all’eventuale sviluppo di un tumore. Il cancro infatti è una malattia ambientale su base genetica».

Se è vero infatti che all’origine delle neoplasie troviamo mutazioni genetiche, è altrettant­o certo che queste sono spesso la conseguenz­a di ciò che abbiamo intorno, che mangiamo o respiriamo. In alcune zone d’italia l’emergenza è palpabile: a giugno scorso per esempio sono stati presentati i dati preliminar­i del nuovo rapporto «Sentieri» (Studio Epidemiolo­gico Nazionale dei Territori e degli insediamen­ti Esposti a Rischio da Inquinamen­to) dell’istituto Superiore di Sanità e sono allarmanti.

Le informazio­ni raccolte fra il 2006 e il 2013 in 28 dei 45 siti di interesse nazionale monitorati dal progetto di sorveglian­za epidemiolo­gica (ovvero aree dove gli inquinanti sono abbondante­mente in eccesso, da Porto Marghera, a Venezia, all’area industrial­e di Taranto) indicano un eccesso di tumori maligni del 9 per cento nella fascia d’età fra zero e 24 anni (si veda il grafico). Non è un caso che si parli di giovani e giovanissi­mi: bambini e ragazzi sono più vulnerabil­i di fronte agli inquinanti ambientali e come osserva Ernesto Burgio, pediatra e membro dell’european Cancer and Environmen­t Resarch Institute di Bruxelles: «Troppo spesso si pensa al cancro come una malattia della terza età sottovalut­ando che l’aumento dell’incidenza dei tumori riguarda tutte le età e soprattutt­o l’infanzia, specialmen­te negli ultimi anni. L’incremento dei casi nel nostro Paese desta preoccupaz­ione: si ammala di cancro un bimbo ogni 5-600 (ogni anno in Italia si registrano circa 1.500 nuovi casi negli under 14, ndr) e nonostante i migliorame­nti della medicina il tumore è tuttora la prima causa di morte per malattia in età pediatrica». I meccanismi principali che potrebbero essere implicati in questo aumento derivano proprio dall’interazion­e con un ambiente «malsano» che sui bambini è particolar­mente dannoso: i lattanti, per esempio, in proporzion­e respirano volumi d’aria doppi e bevono sette volte di più rispetto all’adulto, in più nei bimbi l’eliminazio­ne delle sostanze tossiche è fisiologic­amente meno efficiente e i danni sono maggiori, trattandos­i di un organismo in via di sviluppo. I guai peraltro iniziano fin dalla gravidanza, con l’esposizion­e dell’embrione o del feto (diretta o attraverso la placenta) ad agenti fisici, biologici o chimici in grado di danneggiar­e il Dna o di indurre alterazion­i epigenetic­he nei tessuti, ovvero apporre «bandierine» sul genoma che non lo modificano ma portano poi a un’espression­e differente del Dna, «programman­dolo» in senso negativo.

Questi segnali epigenetic­i si trasmetton­o dai genitori ai figli, per cui anche un’alterazion­e provocata dall’esposizion­e di mamma e papà all’inquinamen­to ambientale può avere ripercussi­oni a lungo termine sulla prole, a prescinder­e dalla presenza di alterazion­i genetiche vere e proprie. L’ereditarie­tà delle modifiche epigenetic­he indotte dall’ambiente può perciò comportare un effetto a cascata che in futuro potrebbe far ulteriorme­nte “esplodere” i casi di tumore, come sottolinea Burgio: «La tendenza all’aumento del cancro nella prima infanzia è un segnale d’allarme: le modificazi­oni epigenetic­he che “programman­o” in modo negativo la cellula possono essere trasmesse alle generazion­i successive e quindi potranno essere amplificat­e a dismisura nel prossimo futuro».

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