HO SCOPERTO DI AVERE L’EPATITE B CHE RISCHI CORRO? E CHE SPERANZE HO DI GUARIRE?
Ho 46 anni e da poco ho scoperto di aver contratto l’epatite B. Che rischi corro? Ci sono terapie efficaci e speranze di guarire? E a quali pericoli possono andare incontro i miei cari?
LUna mano più in là
Marco Lanzetta Cairo editore Pagine 188 Euro 15,00
a prima cosa da fare è rivolgersi a un centro specialistico epatologico, dove le saranno richiesti esami approfonditi sia virologici sia clinici per definire la fase di infezione, la gravità di malattia, il livello di contagiosità e il rischio di progressione nel tempo. Più del 95% dei pazienti con epatite acuta B guarisce spontaneamente, ma l’infezione può anche indurre una malattia cronica del fegato aggressiva e progressiva, con elevato rischio di sviluppare gravi complicanze come la cirrosi e soprattutto il tumore primitivo del fegato (epatocarcinoma). Circa 250300 milioni di persone nel mondo sono infettate da questo virus, che causa fino a un milione di morti ogni anno. L’80% dei tumori primitivi del fegato è dovuto all’hbv, soprannominato «killer silenzioso» perché la maggior parte dei pazienti sono asintomatici e non si accorgono di essere stati attaccati dal virus fino a quando è troppo tardi e si è sviluppata una grave malattia del fegato. Nel centro specialistico che seguirà il suo caso verranno controllati anche i suoi familiari e il suo partner e, se necessario, verranno vaccinati. Esiste una vaccinazione anti-hbv sicuro ed efficace, obbligatoria in Italia dal 1991.
Nel caso in cui per lei sia indicato un trattamento antivirale esistono due strategie terapeutiche. In un gruppo selezionato di pazienti, con meno di 60 anni e con malattia lieve o moderata, si può utilizzare l’interferone, terapia con qualche effetto collaterale che però è in grado di controllare o guarire l’epatite B in circa il 2030% dei casi con un trattamento di durata relativamente breve: un anno. Per i pazienti che non possono essere trattati con interferone o non rispondono a questo trattamento, sono indicati i farmaci orali ad azione antivirale diretta (Nuc). Questi farmaci sono disponibili da circa 20 anni, ma negli ultimi 10 anni sono stati commercializzati due Nuc di terza generazione (Entecavir e Tenofovir Difumarato, o Tdf) che bloccano la replicazione virale in modo molto efficace nella maggior parte dei casi (oltre il 95%) con un ottimo profilo di tollerabilità e sicurezza. Unico svantaggio: la necessità di assumerli per molti anni, in alcuni casi per tutta la vita, perché bloccano la replicazione del virus, ma non lo eliminano completamente dal fegato.
La somministrazione prolungata di questi due prodotti ha effetti straordinari: si riduce la quantità di fibrosi nel fegato, si elimina il rischio di evoluzione verso la cirrosi, di scompenso epatico e di peggioramento dell’ipertensione portale (aumento della pressione nella vena porta che conduce il sangue dagli organi coinvolti nella digestione verso il fegato, ndr)e viene ridotto, di circa la metà, il rischio di sviluppare un epatocarcinoma, ormai l’unica complicanza dell’epatite virale B nei pazienti in trattamento antivirale prolungato. La sopravvivenza dei pazienti così curati è tanto migliorata da raggiungere quasi quella di soggetti di pari età senza infezione virale. Nonostante questi straordinari risultati, che hanno trasformato l’epatite B da una malattia invariabilmente progressiva ad elevata mortalità in una malattia cronica controllabile, la ricerca va avanti. Il primo obiettivo: migliorare ulteriormente i farmaci antihbv già disponibili. Il Taf (Tenofovir alafenamide, ndr) è un nuovo farmaco di recente commercializzazione in Europa, non ancora arrivato in Italia, con un migliore profilo di tollerabilità e sicurezza renale e ossea rispetto a Tdf. Lo stiamo già usando nell’unità Operativa Complessa di Epatologia del Policlinico di Milano, con ottimi risultati. Il secondo obiettivo è sviluppare nuove strategie terapeutiche che combinino più molecole e siano in grado di guarire completamente da questa infezione. Abbiamo già in corso studi promettenti. In conclusione, si rivolga subito a un centro epatologico specializzato nella gestione dell’infezione da virus dell’epatite B. Questo centro la prenderà in cura e la studierà per scegliere la strategia migliore: solo un monitoraggio prolungato o un trattamento antivirale. Verrà seguita per molti anni, non solo per ottimizzare la gestione antivirale e clinica ma anche per tenerla aggiornata sulle nuove strategie terapeutiche che potranno guarirla completamente.