I comici di Fuoricinema Le gag di Paolo Rossi «ancient prodige» Bergonzoni star, sogni milanesi di Teocoli
L’edizione 2018 si chiude con 30.000 presenze
L’edizione 2018 di Fuoricinema si è chiusa con il sorriso. Non solo per il pubblico che ha riempito ogni incontro — sono state 30 mila le presenze registrate, cinquemila in più rispetto allo scorso anno —, ma perché la comicità è stata il filo conduttore di molte conversazioni dell’ultima giornata della rassegna, aprendo la strada a ricordi, propositi e riflessioni. Ricordi, come quelli di Paolo Rossi, sul palco assieme a David Riondino, Gino e Michele. L’attore, 61 anni, ha ammesso di avere qualche questione non risolta con il tempo che passa: «L’altro giorno ero a Ferrara, dove sono cresciuto. A un certo punto ho sentito che mi chiamavano, mi sono girato e ho pensato: ma chi sono questi vecchi? Erano i miei compagni delle medie».
Anche se poi ha rivelato «il mio sogno di tutta una vita e adesso ci sono quasi, quello diventare un ancient prodige». «Ai nostri inizi, negli anni Ottanta — ha ricordato Riondino — eravamo una specie di tribù che si muoveva per l’italia. Poi è arrivato Zelig, un vero laboratorio». Anche lì, Rossi ha imparato a ridere della realtà: «In genere racconto cose successe davvero. Può accadere che siano successe ad altri e dica che invece sono capitate a me o che siano successe a me e siccome mi vergogno dica che siano capitate ad altri». E per raccontare che tipo di comicità senza sconti fosse quella che «serpenteggiava» tra quel gruppo di amici, Rossi ha ricordato il necrologio che i Comedians hanno fatto quando è mancato il primo tra loro: «Sul Corriere abbiamo fatto pubblicare questo: se ne è andato Gianni Palladino dei Comedians. Beh, da qualcuno si doveva pur cominciare».
Ironia senza sconti, su cui ha riflettuto ieri anche Frank Matano: «Siamo in un momento delicato per fare satira e comicità perché tutti hanno un’opinione da far valere e quindi si offendono molto di più. Per questo la mia domanda è: sono quelli che fanno le battute che si dovrebbero ammorbidire o piuttosto il pubblico?». Lui che pure, ha ammesso, si è pentito di qualche scherzo fatto: «Ma ho sempre chiesto scusa, credendoci».
Nonostante i successi, si sente «uno che ci prova a fare il comico. Se non avessi iniziato a girare i miei video nel salotto di casa non so se avrei mai fatto questo lavoro. Sono timido e lì mi sentivo protetto, i risultati mi hanno spinto a superare la vergogna. Ma non è detto che tutti i comici siano timidi o seri. Credo che il solo problema comune sia dover piacere per forza alle persone».
Un cruccio che non è parso tra i primi di Alessandro Bergonzoni, che nella sua conversazione-spettacolo ha conquistato la platea portandola nel suo vortice di riflessioni, partendo dal valore delle parole: «Sono loro, le parole, che ormai ci chiedono: ma ci capite o no?». E in un continuo rimando tra soggetto e oggetto, ha riflettuto su come, anche in politica, non «esistano uomini nuovi. I veri uomini nuovi sono all’asilo. Dobbiamo andare all’asilo a formare un ministro dell’interno, un ministro della Giustizia», spiegando quanto ognuno di noi abbia bisogno di una rivoluzione «interiore e ulteriore» che spinga a fare qualcosa, «perché anche Don Ciotti e Terzani erano persone, come noi». Si è definito «stanco vivo, non stanco morto» di certe realtà che paiono assodate, «e più che parlare della teoria della relatività preferirei concentrarmi sulla pratica dell’assoluto».
Temi alti affrontati con tono lieve, come quando poi, Teo Teocoli, ha spiegato quello che si aspetterebbe dalla sua Milano. E, sempre con il sorriso, si è rivolto ad Adriano Celentano: «Lo sento spesso lanciare appelli per riqualificare via Gluck, ma vorrei chiedergli: perché non lo fai tu? Potrebbe e del resto lui resterà per sempre il ragazzo di quella via». Il comico, poi, ha anche invitato il comune a rivedere «le vie dedicate agli artisti, che non possono essere solo marginali e periferiche. Ad esempio, io a Jannacci, che ha raccontato in quel modo Milano, mi aspetto che sia intestata non una via qualsiasi, ma una davvero importante».