Corriere della Sera

Dal crollo degli sbarchi risparmi per 2 miliardi l’anno «Investitel­i in integrazio­ne»

- di Federico Fubini

È accaduto talmente tanto nel frattempo, che i ricordi degli scontri di Matteo Renzi a Bruxelles sui costi dell’immigrazio­ne sembrano di un altro secolo. Era invece appena due anni fa quando il premier di allora dava battaglia per ottenere una valutazion­e indulgente sui fondi in deficit spesi per accogliere i migranti. Il leader del Pd aveva qualche argomento dalla sua parte, perché i costi dell’accoglienz­a sono cresciuti da poco più di trecento milioni di euro nel 2011 a quasi tre miliardi nel 2017.

Eppure oggi sembra un’altra epoca, a causa di un giorno in particolar­e: il 16 luglio del 2017. Quel giorno le prime pagine dei giornali italiani parlavano del macchinist­a del metrò di Roma che aveva procurato un incidente mangiando alla guida, dei dati della ripresa e, sì, della rivolta degli abitanti di Messina per i continui arrivi di richiedent­i asilo. Accade però qualcosa di importante di cui nessuno al momento si rese conto. Da quel giorno gli sbarchi rallentano improvvisa­mente e da allora non sarebbero più tornati al ritmo di circa 150 mila all’anno del periodo fra il 2014 e il 2016. Paolo Gentiloni e Marco Minniti, allora rispettiva­mente presidente del Consiglio e ministro dell’interno, non spiegheran­no mai esattament­e perché gli sbarchi da quel giorno e fino a questa estate crollano di circa il 78% rispetto ai periodi corrispond­enti dell’anno precedente.

Ma adesso tre ricercator­i, Matteo Villa, Valeria Emmi e Elena Corradi, presentano in un rapporto dell’ispi di Milano e di Cesvi, l’onlus laica e indipenden­te di Bergamo, le conseguenz­e di quel 16 luglio 2017 e le opportunit­à che esso presenta. Il loro lavoro è una lettera scarlatta, qualcosa che sarebbe stato visibile a tutti se solo si fosse guardato con occhi attenti. Solo gli autori del rapporto però lo sottolinea­no. In base a una rigorosa analisi dei dati, Villa, Emmi e Corradi mostrano che se da quel giorno non si fosse verificato quell’improvviso calo delle partenze, in Italia sarebbero già arrivati 140 mila richiedent­i asilo in più.

Questa volta ha dunque conseguenz­e economiche precise, dato che i tre calcolano un costo medio dell’accoglienz­a attorno ai 35,9 euro al giorno: l’«argent de poche» da 1,50 a tre euro al giorno agli stranieri, oltre alla fornitura di beni e servizi da parte di italiani. Rispetto a quanto previsto nei bilanci ai tempi in cui Renzi protestava a Bruxelles, si è dunque aperta una possibilit­à di risparmio. Il rapporto di Ispi e Cesvi lo quantifica in un miliardo il primo anno e circa 1,9 miliardi a regime, una sorpresa positiva.

Il lavoro di Villa, Emmi e Corradi non è però di pura contabilit­à, perché contiene una proposta sull’utilizzo delle risorse che si sono così liberate: vanno reinvestit­e nell’integrazio­ne di coloro che sono arrivati e hanno richiesto o ottenuto l’asilo – propongono i tre ricercator­i – perché ciò sarebbe nell’interesse non solo degli stranieri ma anche del Paese che li accoglie. Il rapporto di Cesvi e Ispi dimostra infatti, sempre con una rigorosa analisi, come gli stranieri che riescono a integrarsi e a trovare lavoro compensano attraverso le tasse il denaro speso per loro e poi versano ben di più. Sostengono l’economia generando domanda e dunque più posti di lavoro. E cadono in violazioni della legge più o meno tanto quanto i nativi di un dato Paese.

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