«Per il Pd psichiatra e niente Europee»
Calenda attacca: un medico sia segretario. Zingaretti: reagiamo e il 30 tutti in piazza
ROMA Tra la cena mancata in casa di Carlo Calenda e lo sciopero della fame annunciato dall’ex radicale Roberto Giachetti, il Partito democratico si attrezza per affrontare l’imminente e drammatica fase congressuale che, a questo punto, dovrebbe partire i primi di ottobre (dopo la manifestazione convocata in piazza del Popolo per il 30 settembre) per poi concludersi a gennaio del 2019: con le primarie per la scelta dei «grandi elettori» che, poi, nell’assemblea nazionale voteranno per il nuovo segretario. Il percorso è chiaro a tutti, scolpito nello Statuto del partito, ma i colpi di coda non sono finiti qui.
L’ex ministro Carlo Calenda — dopo aver ritirato l’invito a cena a casa sua rivolto a Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Marco Minniti «per essere operativi» e competitivi rispetto alla candidatura alla segreteria di Nicola Zingaretti — è tornato a posizionarsi sotto i riflettori per ricordare che gli ex premier Gentiloni e Renzi «non si parlano dal 4 marzo» e, dunque, per tirare un’altra stoccata: «Il Pd sta diventando un posto in cui l’unico segretario che si dovrebbe candidare è il presidente dell’associazione di psichiatria». L’ex ministro, pur smentendo di avere detto che il «Pd deve autoestinguersi», insiste su un punto: «Alle prossime Europee non deve esserci perché serve un fronte repubblicano...». E tutto questo Calenda potrebbe ripeterlo stasera alla Stampa Estera in un incontro, precisa però la sua portavoce, fissato quando ancora non era scoppiata la polemica sulla cena.
«Siamo onorati dell’attenzione di Calenda per la psichiatria ma la nostra società scientifica ha già il suo bel da fare con le persone che soffrono...» ha risposto Bernardo Carpiniello, che presiede la Società italiana di psichiatria. Più trancianti i renziani, che pure non avevano disdegnato l’invito a cena per il loro leader: «Caro Calenda, non hai votato Pd e sei stato accolto a braccia aperte. Per dare una mano. Non per chiuderci», ha detto Luciano Nobili.
Ora, però, nel Pd tutti guardano alle prossime mosse tattiche. Il candidato unico (per ora) Nicola Zingaretti si schiera con il segretario in carica che ci ha messo la faccia in questa difficile transizione: «Maurizio Martina ha convocato per il 30 settembre a Roma una grande manifestazione a piazza del Popolo e faccio un appello accorato affinché ci si ritrovi in quella piazza. È tempo di reagire...». Mezzo partito, poi, cerca di archiviare in fretta le cene: «Un infortunio» (Francesco Boccia), «Un’iniziativa strampalata» (Graziano Delrio). Gianni Cuperlo si sente «orfano di un confronto serio e maturo». Ma l’ultima parola spetta al segretario Martina che dovrebbe dimettersi il primo ottobre. A quel punto l’assemblea (a forte impronta renziana) avrà due possibilità: eleggere con il 51% un nuovo segretario, che resterebbe in carica fino a metà del 2019, oppure autosciogliersi.