Corriere della Sera

Detenuta a Rebibbia, getta i figli dalle scale

Roma, lei muore a 6 mesi e il fratellino è gravissimo. Scoppia la polemica sui piccoli nelle carceri

- A. Ar. R. Fr.

ROMA Le mamme rom sono state le prime ad accorgersi di quello che stava facendo sulle scale. E sono accorse per fermarla, insieme con le educatrici e le agenti della Polizia Penitenzia­ria. Ma ormai era troppo tardi. A.S., 33 anni, aveva atteso che le dodici compagne di reparto andassero alla mensa con i loro bambini per uccidere i suoi nel nido all’interno del carcere di Rebibbia. La femminucci­a, di appena sei mesi, è morta sul colpo, dopo essere stata lanciata dalla seconda rampa delle scale. Un volo di quattro metri che non le ha lasciato scampo. Il fratellino, di poco più di due anni, lotta per la vita al Bambino Gesù: la madre lo ha scaraventa­to sui gradini. È gravissimo, sarà sottoposto a intervento chirurgico.

Nella storia delle mamme detenute in Italia con i loro bambini una cosa del genere non era mai successa. E adesso è bufera sui 62 piccoli sotto i tre anni oggi in carcere. «Sono tanti, troppi, i bimbi che crescono e vivono dietro le sbarre senza aver commesso alcun reato, da innocenti», spiega la vicepresid­ente della Camera Mara Carfagna (Forza Italia). Toni analoghi da Pd e Radicali. D’accordo i sindacati della Penitenzia­ria: «Tenerli dentro è una tortura».

Ieri l’allarme è scattato poco dopo le 12.30. La trentenne, originaria della Georgia ma residente in Germania, era stata arrestata per spaccio con alcuni chili di droga il 26 agosto a Roma e condotta a Rebibbia femminile. Con lei i due bambini, che avevano portato a 16 il numero dei piccoli del nido intitolato alla sua fondatrice Leda Colombini. Una struttura che gli stessi volontari che prestano la loro opera nel carcere sulla via Tiburtina definiscon­o fra le migliori all’interno degli istituti di pena.

Ma qualcosa a Rebibbia non ha funzionato. Ed è quello che dovranno accertare due inchieste, una della Procura e l’altra del ministero della Giustizia. I carabinier­i del Nucleo investigat­ivo hanno svolto un sopralluog­o nel nido e acquisito le immagini della videosorve­glianza. Sentiti i vertici del carcere e gli operatori che si trovavano in quel momento nella mensa.

Ma sarebbero stati anche sequestrat­i i rapporti di alcune agenti della Penitenzia­ria che nei giorni scorsi avevano relazionat­o su strani comportame­nti, un disagio psichico forse collegato all’astinenza dal consumo di stupefacen­ti, tenuti dalla trentenne, che avevano spinto la direzione del carcere a farla sottoporre a una visita dalla psicologo.

E si cercano eventuali collegamen­ti anche fra il tragico gesto della donna e il colloquio con i genitori — i nonni dei bambini — che avrebbe avuto di lì a poco: forse ha perso la testa perché temeva che le sarebbero stati tolti i piccoli. Le indagini dovranno stabilire ora se, sulla base di quei rapporti del personale di vigilanza, c’era la possibilit­à di farlo prima.

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