VIVERE E RESTARE A VENEZIA PER NON FARNE UNA VETRINA
Caro Aldo, chi risiede a Venezia trascorre il suo tempo in coda: per esempio, al «bateo» con i «foresti» in gita. E allora, da residente, si entra dall’uscita, Non si fa, ma altrimenti si aspetta la corsa successiva. In vaporetto bisogna stare attenti alle tasche e ci sono furti nelle case, ma non si dice: Venezia o Veniceland, come l’abbiamo tristemente chiamata, è tutto allegria, selfie e negozi di pasta «take away» che hanno preso in affitto i locali. È una città unica e vedere lo sfregio quotidiano ferisce. Gianna Cherci G Cara Gianna, razie per la sua testimonianza. In effetti Venezia pare aver superato il limite che separa una città da uno showroom. Nei negozi e al ristorante ti parlano in inglese anche se sei italiano. La Guggenheim è da sempre un porto franco di stampo anglosassone. La Punta della Dogana è stata di fatto privatizzata e trasformata da Pinault in un pezzo di Francia: vi espone la sua collezione (come a Palazzo Grassi), vi tiene ormeggiato il suo yacht. I veneziani hanno la sensazione che la città non sia più loro, stretti tra il turismo mordi e fuggi che cala dai pullman in arrivo dall’est Europa e il turismo d’élite legato alla Biennale e al festival del cinema. La città non è mai stata così bella, con la basilica di San Marco miracolosamente quasi del tutto libera dai ponteggi e la bella mostra di Tintoretto a Palazzo Ducale a cinque secoli dalla nascita del maestro; ma l’unico modo per farla rivivere è riportarvi i veneziani. È ovvio che il compito spetta in primo luogo alle istituzioni pubbliche: case per le giovani coppie, agevolazioni per i restauri, investimenti sugli asili nido, sugli ospedali, sull’istruzione, sulla pulizia, sul decoro. Ma forse è necessario che cresca una nuova cultura, che si affaccino nuove abitudini anche tra i veneziani, quelli che se ne sono andati e quelli che pensano di farlo. È parso fino a poco tempo fa che non si potesse vivere senza la macchina sotto casa; oggi nelle metropoli europee è del tutto normale non possedere l’auto e affidarsi al servizio pubblico. Passo dopo passo, forse capiremo che vivere a Venezia non è soltanto un’esperienza estetica, ma un modo più umano e quindi più avanzato di concepire la modernità.