Corriere della Sera

Apple si piega all’antitrust europeo Assegno record da 14,3 miliardi

Restituite all’irlanda le tasse non pagate. Niente dazi sui componenti fatti in Cina

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Apple ha versato 14,3 miliardi di euro (16,7 miliardi di dollari) in tasse arretrate al fisco irlandese. Ma a Wall Street il titolo guadagna ugualmente circa l’1%. La società california­na è solo sfiorata dalla guerra commercial­e tra Cina e Stati Uniti, innescata dal presidente Donald Trump.

Negli ultimi giorni, l’amministra­tore delegato Tim Cook è riuscito a far cancellare alcuni prodotti chiave, come Watch e gli Air Pods, dalle importazio­ni colpite dal dazio aggiuntivo del 10%. L’esclusione, di cui benefician­o anche altre aziende tecnologic­he americane, vale circa 12 miliardi di dollari all’anno. Cook, interlocut­ore assiduo di Trump e dei suoi ministri, è convinto che alla fine Washington e Pechino riuscirann­o a trovare un accordo: «Io e te possiamo scambiare qualcosa e tutti e due possiamo comunque vincere». Una sensazione, stando alla dinamica delle quotazioni, che sembra condivisa dalla maggior parte degli investitor­i nella Borsa di New York.

Ma intanto la multinazio­nale deve misurarsi con il pedaggio che ha dovuto pagare in Europa. La Commission­e di Bruxelles, guidata da Jeanclaude Juncker, aveva imposto al governo irlandese di recuperare il mega sconto offerto ad Apple: un’aliquota fiscale reale, anzi surreale, pari allo 0,005%. Per la Commission­e Ue non ci sono mai stati dubbi. E’ un regalo che viola una delle norme fondanti dell’unione: la libera e corretta concorrenz­a tra le imprese che non può essere inquinata, salvo qualche eccezione, dagli «aiuti di Stato».

Il ministro delle finanze irlandese Paschal Donohoe ha chiarito che i soldi, 13,1 miliardi di importo dovuto più

1,2 miliardi di interesse, sono arrivati nel secondo e terzo trimestre di quest’anno.

Il governo, però, ha deciso di depositarl­i e congelarli in un conto bloccato. Il primo ministro Leo Varadkar ha già fatto ricorso contro la decisione di Bruxelles alla Corte del Lussemburg­o, sostenendo che Apple abbia scrupolosa­mente onorato le imposte dal 2004 al 2014.

Ieri il ministro Donohoe ha confermato che la causa andrà avanti, anche se la Commissari­a alla Concorrenz­a, Margrethe Vestager, ha fatto sapere che la Commission­e, «alla luce del completo pagamento da parte di Apple», ritirerà il suo ricorso. Naturalmen­te anche la corporatio­n americana si è rivolta ai giudici europei.

Visto da Dublino, il contenzios­o giuridico poggia su alcune cifre: l’irlanda ha un prodotto interno lordo pari a circa 300 miliardi di euro, che nel 2017 è cresciuto al ritmo del 10%.

Circa un terzo della ricchezza, tra gli 85 e 90 miliardi di euro, deriva dall’attività delle big tech statuniten­si: Google, Facebook, Microsoft e appunto Apple, attirate nell’isola dalla gigantesca franchigia tributaria. Ecco perché l’esecutivo, nelle mani del partito liberal-conservato­re Fine Gael, vuole spezzare la gabbia dell’antitrust europeo: i 14 miliardi di euro di oggi non bastano per compensare l’eventuale fuga delle multinazio­nali americane, nel futuro prossimo.

Per la società di Cupertino, che di recente ha superato quota mille miliardi di dollari di capitalizz­azione nel listino, il mercato europeo resta fondamenta­le. In particolar­e quello degli smartphone, anche se nell’ultimo trimestre è finita al terzo posto, scavalcata dalla cinese Huawei e alle spalle della primatista coreana Samsung.

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Al vertice Tim Cook, 57 anni, dal 24 agosto 2011 viene nominato ceo di Apple. Secondo Forbes poiché Apple è uno dei marchi più prestigios­i, Cook risulta il 19esimo uomo più potente della terra. Nel 2017 ha guadagnato 102 milioni di dollari

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