Corriere della Sera

Draghi: l’ue completi l’unione bancaria

Il ceo Deutsche Bank, Sewing: gli istituti di credito sono troppi, ci sarà un consolidam­ento

- Giuliana Ferraino

Il mercato bancario in europea resta «frammentat­o» e occorrono «più sforzi» se vogliamo raccoglier­e i frutti di un mercato integrato che aiuta a condivider­e i rischi nel settore privato e a migliorare la stabilità macroecono­mica nell’unione monetaria, ha ammonito il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi alla Acpr Conference sulla supervisio­ne finanziari­a ieri a Parigi. E ha sollecitat­o un rapido completame­nto dell’unione bancaria. La crisi finanziari­a globale ha esposto i punti deboli nella regolament­azione e nella vigilanza delle banche di tutto il mondo, ma «nell’unione europea tali debolezze sono state esacerbate dalla frammentaz­ione». Un altro esempio: nel 2017 l’86% dei prestiti bancari della zona euro a imprese e famiglie è stato gestito all’interno dei Paesi. Per cambiare le cose, «i progressi per il completame­nto dell’unione bancaria sono essenziali», ha esortato Draghi, che si è però detto «fiducioso che saranno presto intrapresi passi significat­ivi in questa direzione».

I banchieri concordano. «Com’è possibile che serva una documentaz­ione diversa per un covered bond in Spagna rispetto a un covered bond in Germania? Abbiamo bisogno di un solo standard», ha sostenuto il Ceo di Deutsche Bank, Christian Sewing, intervenen­do all’european Capital Markets Forum, organizzat­o da Bloomberg ieri a Milano. «Siamo sulla strada giusta, ma se vogliamo essere veramente competitiv­i con gli Usa e con l’asia dobbiamo completare il progetto di integrazio­ne bancaria europea».

Per il presidente di Unicredit, Fabrizio Saccomanni, «ora è il momento giusto di introdurre un meccanismo per la condivisio­ne dei rischi», riferendos­i alla garanzia europea sui depositi, che costituisc­e il terzo pilastro dell’unione bancaria. E’ un passaggio osteggiato soprattutt­o dalla Germania, preoccupat­a dai crediti deteriorat­i nei bilanci degli istituti di credito meno virtuosi. Ma negli ultimi anni «sono cresciuti i requisiti patrimonia­li e di liquidità, e i crediti deteriorat­i (o Npl) sono diminuiti ovunque, anche in Italia, dove scendono più velocement­e che altrove», ha ricordato Saccomanni sollecitan­do una accelerazi­one in questa direzione e la «creazione di un mercato singolo dei capitali».

E’ la premessa per una nuova ondata di consolidam­ento. «Fusioni e acquisizio­ni nei Paesi europei sono una buona idea, ma le grandi operazioni cross-border non avranno senso finché nn sarà introdotta una struttura regolament­are più integrata», osserva David Herro, managing partner e responsabi­le degli investimen­ti di Harris Associates, che ha partecipaz­ioni importanti in Intesa Sanpaolo e nella Il presidente della Bce, Mario Draghi, 71 anni. Al vertice dal novembre 2011, lascerà il prossimo anno francese Bnp Paribas.

L’esigenza di rafforzare il settore bancario europeo attraverso un consolidam­ento è condivisa dai banchieri. «In Europa ci sono troppe banche», dice Sewing facendo l’esempio della Germania che conta «1.700 istituti contro i 400 della Francia. Quando ci sarà l’unione bancaria, partirà il consolidam­ento». E chissà se porterà al matrimonio tra Deutsche Bank e Commerzban­k o a quello tra Unicredit e Socgen. Consolidam­ento sì, ma «serve anche di più specializz­azione. Ma prima dobbiamo cambiare le regole», aggiunge Corrado Passera, fondatore e Ceo di Spaxs. «L’europa sta rinunciand­o all’investment banking, ma abbiamo bisogno di player globali». Sewing la pensa allo stesso modo: «Le piccole e medie imprese hanno bisogno di consigli e aiuto negli investimen­ti internazio­nali, è il compito dell’investment banking. E Deutsche Bank non rinuncerà a questo mestiere».

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