Assolti Scaroni e l’eni
Milano, il Tribunale confisca 197 milioni alla società di ingegneria
Tangenti in Algeria, assolti l’ex presidente Scaroni e l’eni. Condannati gli ex vertici della controllata Saipem.
MILANO Saipem, la società di ingegneristica quotata in Borsa che ha Eni come primo azionista al 30%, tra il 2008 e l’inizio 2011 ha corrotto politici algerini dietro lo schermo di una intermediazione commerciale di 197 milioni di euro versati alla società di Hong Kong di (finte) consulenze «Pearl Partners Limited» del franco-algerino Farid Bedjaoui, legatissimo all’allora ministro dell’energia Chekib Khelil (sposato con una sorella del leader palestinese Arafat): e in questo modo ha ottenuto dal governo algerino e dall’ente petrolifero statale Sonatrach una protezione globale in 8 contratti del valore di 11 miliardi di dollari. Ma a questa corruzione internazionale, operata dai vertici di Saipem, per il Tribunale di Milano furono estranei, sia come autorizzazione sia anche solo come consapevolezza a posteriori, la controllante Eni, il suo allora amministratore delegato Paolo Scaroni, e l’attuale n. 3 Antonio Vella.
Ecco perché la sentenza, nell’ordinare la confisca a Saipem (come «prezzo del reato») dei 197 milioni sotto sequestro tra Lussemburgo, Svizzera, Libano e Hong Kong su conti riconducibili al latitante a Dubai Bedjaoui (5 anni e 5 mesi), al suo braccio destro Samyr Ouraied e all’altro intermediario Omar Habour (4 anni e 1 mese), le giudici Turri-ambrosino-feliciotto condannano la persona giuridica Saipem alla sanzione pecuniaria di 400.000 euro, e i suoi ex amministratore delegato Pietro Tali (4 anni e 9 mesi), direttore finanziario (poi pure di Eni) Alessandro Bernini (4 anni e 1 mese), e direttore operativo Pietro Varone (4 anni e 9 mesi); ma assolvono «per non aver commesso il fatto» sia Scaroni (per i quali i pm chiedevano 6 anni e 4 mesi, e che nel frattempo è divenuto vicepresidente della banca d’affari Rothschild, consigliere di Generali e Fondazione Teatro alla Scala, uomo in Italia del fondo americano di investimenti Elliott e neopresidente del Milan dopo l’uscita del cinese Yonghong Li), sia l’allora responsabile Eni in Nord Africa, Antonio Vella, che dal 2014 guida una delle tre unità di business riorganizzate dal nuovo n.1 Eni Claudio Descalzi.
I pm, rimarcando che Saipem (pur nella peculiare autonomia di una società-contrattista controllata da Eni ma che lavora anche per i concorrenti di Eni) trasmetteva periodicamente a Eni tabelle con i propri costi di intermediazione, additavano significativo che un grande manager come Scaroni (in rapporti diretti con l’apparente “signor nessuno” Bedjaoui) nulla avesse rilevato, e che nemmeno gli organismi di vigilanza di Eni avessero alzato le antenne sul mare di soldi Saipem a una sconosciuta società di Hong Kong: «Dovremmo forse credere che Saipem informava Eni e il suo amministratore delegato di consulenze di poche decine di migliaia di euro, e non delle prestazioni dell’intermediario Pearl Partners del valore iperbolico di 197 milioni?». La piena assoluzione in sentenza pare rispondere che sì, bisogna crederlo. Saipem con i suoi dirigenti Tali-bernini-varone, ed Eni con Scaroni e Vella, sono inoltre assolti («perché il fatto non sussiste») dall’altra corruzione che i pm Fabio De Pasquale e Isidoro Palma annettevano al via libera algerino a Eni per l’acquisto della società canadese First Calgary Petroleum avente in pancia un ricco giacimento di gas. A Scaroni resta ora un’accusa di corruzione nel processo Eni-nigeria alle prime battute, che proprio oggi vedrà la sentenza per i tre coimputati che scelsero il giudizio abbreviato.
La sentenza
Per il presidente del Milan «il fatto non sussiste», assolto anche Antonio Vella