Il sostegno di Mattarella a Tria sull’equilibrio tra conti e crescita
Il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione, che prevede il pareggio di bilancio
Vuole una legge di stabilità nella quale i conti siano in ordine. E se il governo intende giustamente studiarla in una chiave di sviluppo per il Paese, tutto deve in ogni caso rientrare in un quadro di compatibilità con il sistema finanziario. Ecco quel che il presidente della Repubblica raccomanda da giorni al premier Giuseppe Conte, parlando dell’appuntamento cruciale di quest’anno. Non tocca, in questi dialoghi, il tema delle pressioni su Giovanni Tria, culminate in un diktat di Luigi Di Maio che è suonato come una sfiducia preventiva: «Pretendo che trovi i soldi per gli italiani… un ministro serio deve trovarli». Una sortita incresciosa.
Ora, dire che a Sergio Mattarella non sia piaciuto l’attacco, mitigato da parziali correzioni, è un eufemismo. Non solo perché la competenza e la cautela del titolare del dicastero di via XX Settembre sono qualità apprezzate al Quirinale, ma perché la materia richiede credibilità e misura da tutti. Specie se si tratta di leader politici con un ruolo da vicepresidenti del Consiglio.
Il Capo dello Stato, comunque, sa bene che la partita in corso tra Lega e 5 Stelle sulla destinazione da dare (in base alle promesse fatte ai rispettivi elettorati) alle scarse risorse disponibili può produrre fibrillazioni interne e lacerazioni con l’ue. Prospettive da dissipare, ha segnalato giorni fa, avvertendo ad esempio che «non è possibile mercanteggiare sul bilancio dell’unione». Confida dunque che le tensioni saranno superate prima che l’intero pacchetto di quella che un tempo si definiva Finanziaria arrivi sul Colle.
Il vaglio dei suoi uffici tecnici — finanziari e giuridici — si concentrerà anzitutto sul rispetto dell’articolo 81 della Carta, che prevede il pareggio di bilancio. Obiettivo costituzionale e, in quanto tale, ineludibile. Altro nodo critico è non sforare la quota dell’1,6 per cento nel rapporto deficitpil, sul quale ci eravamo impegnati con la Commissione.
Il percorso dev’essere in discesa, dal punto di vista del disavanzo, ha ricordato al suo interlocutore. E con ritmi che vincolano a considerare diverse variabili macroeconomiche (il tasso di disoccupazione, la sua strutturalità, le potenzialità di crescita, ecc.), prima di avventurarsi a chiedere flessibilità con scostamenti all’insù, verso quel 3 per cento tra deficit e Pil che farebbe scattare una pregiudiziale a Bruxelles, dove si farà una disamina tra dati oggettivi e dati potenziali dei conti italiani. E quando lo spazio di crescita potenziale è ridotto, come da noi, che soffre per una disoccupazione strutturale di un certo tipo, i margini per negoziare non sono tanti. Non così larghi, almeno, quanto sembra immaginare l’esecutivo giallo-verde. Anche perché, per dare un’idea di come sarà complesso il dibattito, la commissione non si commuove neanche davanti a manovre concepite come redistributive.
Questa la cornice che Mattarella tiene sotto controllo. Il ministro Tria la sta esplorando. E non avrà bisogno di input dal Colle per scegliere il percorso finale.
Il ministro
La competenza e la cautela del ministro dell’economia sono apprezzate al Quirinale