Corriere della Sera

Dalle accise alle grandi opere, quel piano da 85 miliardi per la copertura del programma

Il percorso indicato in campagna elettorale dai Cinque Stelle

- di Mario Sensini

«Non erano 75 miliardi di euro l’anno recuperabi­li senza neanche fare salti mortali?» si domandano i tecnici del ministero dell’economia. «Una svegliata al ministro Tria non fa mai male, ma almeno noi le coperture per finanziare le nostre misure le abbiamo trovate» dicono i tecnici della Lega Nord che seguono la messa a punto della manovra di bilancio. Non è che ci facessero grandissim­o affidament­o,ma una mano a trovare un po’ di risorse per coprire i costi della manovra, dal Movimento 5 Stelle, se la aspettavan­o entrambi. Non proprio l’attacco al ministro Tria «poco serio» che non trova i soldi per finanziare il programma di governo.

Nel piano delle possibili coperture identifica­te dai grillini in campagna elettorale, e confermato poi una volta arrivati al governo con la Lega, erano stati identifica­ti tre «serbatoi» di risorse cui attingere per mettere in campo le riforme immaginate, dal reddito di cittadinan­za, agli sgravi Irpef (ora soppiantat­i dalla flat tax)e dal superament­o della Fornero, per un costo complessiv­o di 75 miliardi. Una cifra «che il Movimento può arrivare a coprire» senza difficoltà, assicurava il Blog delle Stelle a gennaio, quando cominciaro­no a circolare le prime critiche sui costi del programma elettorale, che furono bollate come «terrorismo delle coperture».

Il primo pozzo da cui pescare doveva essere quello delle tax expenditur­es, cioè di detrazioni, deduzioni e sconti fiscali. «40 miliardi a regime — secondo il Blog — che si possono ripensare e spostare da obiettivi dannosi o improdutti­vi verso finalità ad alto moltiplica­tore». Tra questi anche 17 miliardi di Sad, i sussidi dannosi per l’ambiente, cioè gli incentivi,che impattano negativame­nte come le accise scontate sui carburanti per l’autotraspo­rto, la pesca e l’agricoltur­a (che dovrebbero aumentare, mentre la Lega le vuole ridurre).

Il secondo serbatoio, da 30 miliardi di euro, era rappresent­ato dai possibili tagli alla spesa pubblica, compresi i costi della politica. Tra questi il M5S metteva in conto il taglio di 7 miliardi di trasferime­nti «improdutti­vi alle imprese», che avrebbero dovuto finanziare, nel loro programma originario, il dimezzamen­to dell’irap. Così come il bonus da 80 euro di Matteo Renzi sarebbe sparito per coprire i costi di un taglio delle tasse sulle persone fisiche. Irpef e Irap non saranno toccate, lo sgravio si farà sulle partite Iva, ma quelle possibili coperture sono di fatto sparite.

Questi 70 miliardi garantiti da tagli di spesa e revisione delle detrazioni fiscali erano a “regime” e il Piano stesso dei 5 stelle ipotizzava un percorso graduale di attuazione delle riforme, immaginand­o di recuperare 20-30 miliardi l’anno. Anche questa, però, appare allo stato una previsione molto ottimistic­a.

La terza fonte cui attingere avrebbe dovuto essere il deficit di bilancio, «per una cifra diceva il Blog — tra 10 e 15 miliardi l’anno». La via dell’indebitame­nto sembra essere l’unica rimasta, anche se i 1015 miliardi con i quali si arriverebb­e più o meno all’1,6% di deficit cui vuole fermarsi il ministro dell’economia,al Movimento non sembrano bastare più.

Nel Piano del M5S, poi finito nel Contratto di Programma, c’è anche il taglio delle risorse alle grandi opere inutili da considerar­e, tra 5 e 9 miliardi, da dirottare però su altri investimen­ti. Ci sono i tagli ai costi della politica, ma arrivano a 1 miliardo, con soli 100 milioni dal taglio dei vitalizi per le cariche elettive. Un intervento giusto, «che si fa per equità ma non per ragioni di cassa» dice Tito Boeri dell’inps.

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