L’energia (creativa) del piumino La nuova eleganza va veloce
Nuovo capitolo nel percorso di ricerca di Moncler. L’essenzialità di N°21 di Dell’acqua
MILANO Da una parte la ricerca di un’eleganza perduta. Dall’altra la necessità di dare delle risposte al mercato in costante frenesia. A un solo giorno dal via di questa settimana (corta) della moda a Milano già i temi del dibattito ci sono. Apparentemente distanti, cavillosamente vicini. Entrambi figli di una certa irrequietezza sull’oggi che va veloce e rifugge quello che è accaduto un attimo prima. Così se sino a ieri c’era lo sporty ecco che «now» c’è il lady e se era l’immagine, ora è tempo di video.
Continua a crederci sempre di più, per esempio, Remo Ruffini sull’esistenza dell’energia in continuo movimento. E Moncler Genius, una sorta di building della creatività, cresce piano su piano; ora è al tredicesimo con le cinque nuove collezioni presentate ieri nei capannoni industriali di via Orobia. E con le otto svelate a febbraio il progetto arriva a coprire i dodici mesi dell’anno, più uno: ogni trenta giorni, puntuali, in boutique (da giugno) stanno arrivando le linee disegnate da stilisti fra i più quotati del momento (da Pierpaolo Piccioli a Simone Rocha, per esempio). Una rivoluzione sotto tutti i punti di vista — dalla creatività, alla distribuzione, alla comunicazione — che si allinea a un mondo in perpetuo switch. «Il vecchio modello di business non è più proponibile — sostiene Ruffini —. Non appaga le nuove generazioni abituate a stimoli continui. Ed è emozionante e dà un’energia incredibile diventare inclusivi ed accogliere questa richiesta».
Moncler 1952, Moncler Simone Rocha, Moncler Craig Green, Moncler Noir Kei Ninomiya e Moncler Fragment Hiroshi Fujiwara sono le cinque collezioni lanciate scegliendo di farlo attraverso le immagini: video studiati dagli stilisti e dunque coerentemente in linea con le visioni. Ecco il mondo pop e metropolitano di 1952 o i fiori di Rocha, le vele dei Kyte surf di Green, le geometrie di Ninomiya o il lettering di Fujiwara. Al centro il piumino, portato a leggerezze estreme e prestazioni funzionali o estetiche da manuale. Novanta look in tutto, sintesi estrema della velocità.
Ripulire, scarnificare, ridurre all’essenzialità. Alessandro Dell’acqua si mette in gioco, ancora una volta, per ritrovarsi nella sua N°21, un po’ come era e forse come sarà. Senza ripudiare nulla. Ma ribelle all’etichetta di brand contemporary, alias giovane e sportivo. E si rivede elegante con un certo non so che di erotico. Sì erotico, sarà per via della pelle verniciata o dello chiffon vetrificato o semplicemente dei sandali a spillo. L’eleganza? Sbandierata nelle gonne diritte e precise, negli abiti di piume e cristalli, nei caban aperti all’improvviso, nei grandi fiocchi, nel color nudo che è, ormai, anche la firma dello stilista.
Chapeau per il lavoro della coppia Lucie e Luke Maier su Jil Sander e la sua storia. La scelta di un ex capannone industriale «arredato» da incredibili piante selvatiche trasmette sensazioni miste di libertà e rispetto, appunto. E un pizzico di discrezione e rigore. La divisa, naturalmente. Per cominciare. Precisa e austera: i pantaloni e la casacca camicia. Protettiva e funzionale. Nei tessuti tecnici e misteriosi. Poi un pizzico di atleticità presa dal mondo della danza (le scarpe con la punta e lacci e incroci e una maglieria gentile) per finire con cenni di artigianalità d’artista (dalle stampe di schizzi ai croquet).
Innocenti evasioni per Alberta Ferretti che abbandona femminilità più sicure per lasciarsi andare in un viaggio persino più difficile se affrontato per ricercare la sensualità negli stereotipi dell’ingenuità, della delicatezza e della pacatezza; i sandali bassi o il pizzo sangallo romantico o la nuova silhouette fluttuante. E poi i nuovi colori pastello cotti dal sole (verde, rosa, giallo, azzurro) sia per le mini-cargo, per i giubbotti di jeans, i pantaloni maschili sia per le sottovesti plissé soleil o a balze o sbuffanti.
La creatività felice. Perché no? Stilista fondatore del movimento quel Arthur Arbesser che è una gioia ascoltare e vedere. Così contento di esserci e, ma certo, anche rischiare. «Giusto fare le proprie cose, che possono anche non piacere ma la creatività non può prescindere dalla felicità di fare ciò che senti». Così eccolo, il viennese, andare per la sua strada fatta di abitoni e gonnellone e stivaletti da artista eccentrica alla Fausto Melotti cui stampe e colori fanno riferimento. Un pizzico di follia affidato alle paillettes che sono il sorriso aperto sul mondo di Arthur. Un Burning man, il grande raduno dei falò nel Nevada, ma del futuro è la visione di Manuel Facchini per Byblos. Senza limite e confini lo stilista accende di fuoco e fiamme di plastiche metallo mini abiti svelti e con i colori avvampa parka e tute.