RIFORMA PILLON E MINORI: CONSULTARE GLI ESPERTI PRIMA DI LEGIFERARE
In questi ultimi mesi la stampa ha dato ampio spazio al Ddl 735, presentato dal sen. Pillon («Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità»). Grazie anche all’eccezionale attivismo del proponente, il tema delle conseguenze sui figli dei conflitti familiari è diventato centrale e il disegno di legge ha suscitato estesi consensi e non poche proteste e appelli di chi, per propria responsabilità, è stato preso in contropiede. Quando, verso la fine degli anni 70, prima da solo e poi con la compianta Irene Bernardini, ho messo le basi teoriche e pratiche per diffondere in Italia la mediazione familiare per pacificare le relazioni tra genitori coinvolti nelle guerre familiari, non è stato facile ottenere l’attenzione di magistrati, avvocati, politici e stampa. Cercavo di far capire che la legge sul divorzio era stata fatta da adulti, per adulti e con gli adulti e che era ora di occuparsi della condizione dei figli, prime vittime dell’ostilità tra genitori. Avevo anche chiesto, senza successo per la verità, che il tema della condizione infantile in famiglia fosse sottratto alle rivalità partitiche e diventasse un terreno comune di incontro e collaborazione. Oggi sembra che la sensibilità su questi temi sia maggiore ma in realtà, anche perché non si conosce quanto è stato fatto e realizzato in Italia negli ultimi decenni in tema di mediazione familiare, c’è il rischio di tornare indietro nel tempo. Do atto al sen. Pillon di avere ascoltato con attenzione sia chi è d’accordo sulla sua proposta sia chi non lo è. Mi auguro però che dai suoi numerosi incontri si convinca a modificare almeno tre punti del Ddl: l’obbligatorietà della mediazione (art. 1), i «tempi paritetici o equipollenti» di frequentazione dei figli minorenni con i genitori (art. 11), le misure per contrastare la cosiddetta alienazione familiare (art. 18). Prima di varare una legge di tale importanza per i minori, l’intera comunità scientifica va coinvolta e invitata ad esprimersi con chiarezza. Un’ulteriore garanzia affinché non si legiferi sbandierando l’interesse per bambini e ragazzi quando invece si pensa in pratica solo agli adulti. Partiamo sempre dalla conoscenza dei bisogni e dei diritti dell’infanzia. Il resto verrà da sé.