L’OCCASIONE OLIMPICA PERDUTA DA TORINO
Caro Aldo, devo ammettere che avevo molto apprezzato l’idea di proporre le prossime Olimpiadi invernali del 2026 in Italia condividendole tra Torino, Milano e Cortina. Coinvolgendo, quindi, l’intero nostro Arco alpino. Peccato che una proposta del genere per un appuntamento di così grande importanza internazionale sembri ora scontrarsi con i piccoli campanilismi e i piccoli protagonismi che da sempre caratterizzano la nostra piccola politica italiana. Mario Taliani, Noceto
Caro Mario,
Fin da Atene 1896, le Olimpiadi si sono assegnate a una città, non a un Paese. È sempre stato così, è uno dei motivi del fascino dei Giochi. Quasi sempre l’olimpiade ha giovato alla città che l’ha ospitata. Nel 1948 Londra celebrò la sua ricostruzione, il 1960 simboleggiò il miracolo economico di Roma e dell’italia, nel 1992 Barcellona si riprese il mare, nel 2008 Pechino disse al mondo che era diventata la capitale di una superpotenza. In scala minore, i Giochi invernali del 2006 (al di là di qualche impianto sovradimensionato e di altri poi abbandonati) furono un segno della rinascita di Torino.
Il fallimento di oggi ha molti padri, ma ha anche una madre: la sindaca Chiara Appendino. Non è certo lei, lo ripeto, l’unica responsabile. Ma l’esitazione di Torino è stata fatale; nel momento in cui entra in gioco Milano, è evidente che il suo peso è maggiore. La Appendino fin dall’inizio è apparsa una grillina anomala: figlia di un industriale importante, un passato amministrativo alla Juventus, un linguaggio non aggressivo, esprimeva l’esigenza di un rinnovamento senza rottura con l’establishment subalpino. Non a caso la sindaca aveva preso una posizione giusta, a favore dei Giochi, diversa dal No ideologico della giunta grillina a Roma; ma la spaccatura nella sua maggioranza è costata tempo prezioso. Più in generale, non mi sembra che Torino abbia ritrovato la fiducia e l’energia del decennio precedente. L’arrivo di Cristiano Ronaldo ha entusiasmato gli juventini e creato curiosità all’esterno; ma sono ben altre le incognite che pesano sul futuro della città che ha fatto l’italia.