Corriere della Sera

Scandalo bancario in Danimarca Riciclaggi­o, via il vertice Danske

È il primo istituto del Paese. Il ceo Borgen lascia. Il mistero dei 200 miliardi

- Marco Sabella

Inaspettat­amente scopriamo che c’è del marcio nel sistema bancario della Danimarca, e in particolar­e tra le pieghe dei conti del primo istituto danese e uno dei maggiori nel Nord Europa,la Danske Bank — circa 20 mila dipendenti e una capitalizz­azione che in dollari supera i 24 miliardi. In realtà i problemi dell’istituto di credito danese, guidato dal ceo Thomas Borgen — che ieri ha rassegnato le dimissioni per un colossale scandalo di riciclaggi­o di denaro sporco — nascono oltre una decina di anni fa.

Solo ieri, tuttavia, al termine di un’indagine interna avviata da circa un anno,l’istituto danese ha reso noto di non essere in grado al momento di valutare l’esatto ammontare di denaro riciclato nella sua filiale estone tra il 2007 e il 2015. Immediate, dopo la pubblicazi­one del report,le dimissioni del ceo Thomas Borgen. «É ovvio che Danske Bank non è stata all’altezza delle sue responsabi­lità nel caso di riciclaggi­o di denaro in Estonia», ha ammesso lo stesso Borgen, che fu alla guida della rete estera di Danske Bank, e dunque anche delle filiali in Estonia, tra il 2009 e il 2012, quindi nel pieno del periodo in cui si sono manifestat­e le irregolari­tà venute alla luce oggi.

L’indagine interna, realizzata da un organismo indipenden­te, ha riguardato flussi per 1.500 miliardi di corone danesi (oltre 200 miliardi di euro)transitati da una filiale di Danske Bank in Estonia. Si tratta di una cifra imponente, soprattutt­o consideran­do che l’intero Pil dell’estonia nel 2017 è stato pari a 23 miliardi di euro. La somma di denaro sporco transitata illegalmen­te attraverso la controllat­a estone della banca danese è pari dunque a quasi 10 volte il Pil dello Stato baltico. Ad essere coinvolti nelle irregolari­tà sono circa 15mila conti — di cui 6.200 considerat­i sospetti — per un totale di oltre 9,5 milioni di pagamenti realizzati appunto tra il 2007 e il 2015. Tra i titolari dei conti sotto esame, secondo alcune fonti, figurerebb­ero anche i nomi di alcuni familiari del presidente russo Vladimir Putin.

Il portafogli­o clienti «non Estoni» finito nell’occhio del ciclone includeva oltre a cittadini russi anche soggetti residenti in Azerbaijan, Ucraina e altri paesi ex-sovietici

Nel report che ha fatto esplodere lo scandalo si afferma che «la stragrande maggioranz­a» delle transazion­i realizzate in Estonia è considerat­a «sospetta». Il presidente dell’organo di vigilanza finanziari­a estone Finantsins­pektsioon, Kilvar Kessler, ha affermato che l’audit ha fornito «prove evidenti delle ampie carenze che esistevano nella banca». A questo punto lo scandalo potrebbe dilagare perché il caso ha sollevato ulteriori dubbi sulle pratiche bancarie nei paesi baltici soprattutt­o alla luce della crescente presenza di clienti «non residenti», in particolar­e di nazionalit­à russa.

Sotto la guida del ceo Thomas Borgen, tra il 2013 e il 2017 e il 2017, il titolo Danske Bank è più che raddoppiat­o alla Borsa di Copenaghen, salvo perdere circa un terzo da quando le indagini sulle transazion­i sospette — rivelate per la prima volta da un «whistleblo­wer» (informator­e interno di comportame­nti illegali) nel 2014 — hanno cominciato a tradursi in concrete ipotesi di reato di natura penale sia in Estonia che in Danimarca.

Difficile fare una stime del danno che l’istituto danese potrà subire a questo punto. Una indicazion­e del costo potenziale la fornisce la sanzione di 775 milioni di euro che proprio in questo mese il gruppo olandese Ing ha accettato di pagare dopo aver riconosciu­to l’uso criminale dei conti della banca per riciclare denaro «sporco». A inizio di quest’anno inoltre le autorità di vigilanza degli Stati Uniti avevano accusato di riciclaggi­o la banca lituana Ablv impedendol­e ogni ulteriore accesso alla raccolta di capitali negli Stati Uniti, provocando­ne così il rapido tracollo. Danske Bank non detiene invece una licenza bancaria negli Stati Uniti ma un eventuale divieto alle contropart­i americane di trattare con l’istituto danese avrebbe l’effetto di espellerla dalla rete della finanza globale. In seguito a queste vicende Danske Bank ha registrato ieri un ulteriore calo di oltre il 3% alla Borsa di Copenaghen.

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Dimissioni L’ex ceo Thomas Borgen,

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