Trifonov, il fuoriclasse «Alla tastiera con nostalgia»
Imbattibile per Rachmaninov: «Vivo i suoi stati d’animo»
Martha Argerich l’ha incoronato miglior pianista al mondo, certificando l’opinione della quasi totalità di pubblico e critica; tutti lo cercano e tutti lo vogliono sentir suonare; a novembre con Santa Cecilia e Tony Pappano interpreterà il terzo concerto di Rachmaninov, portandolo poi a Seul, Taipei, Hong Kong, Shanghai e Pechino, dove un mese prima porterà anche il secondo del russo. La scorsa primavera aveva affrontato tutti e quattro i concerti in una lunga tournée americana, alternandoli a Ciajkovskij, Skrjabin, Beethoven, Schumann … Pazzesco.
Lui declina sorridente gli elogi, preferisce parlare di musica, ma non prima di confessare «la profonda adorazione per l’italia. Roma poi… È la mia città preferita assieme a Firenze; agli Uffizi rimasi stregato da Raffaello, a Milano da Leonardo, a Roma da Michelangelo... Ricordo ancora il mio primo concerto in Italia: ero a Fabriano e siccome quando ho tempo mi piace visitare a piedi i luoghi in cui suono, iniziai a girovagare. Tra musei e assaggi gastronomici persi completamente la cognizione del tempo finché a un certo punto mi resi conto che mancava un quarto d’ora al concerto! Conosco Un piano di passione L’artista russo Daniil Trifonov (1991): a novembre suona a Roma nel Terzo di Rachmaninov bene il vostro patrimonio artistico perché alla mia scuola musicale di Mosca, la Gnessin, ci fecero studiare i vostri pittori e scultori per anni: non dovevamo solo riconoscerne le opere, ma anche descriverle con veri e propri saggi».
Conosce benissimo anche Rachmaninov, gli ha dedicato e inciso un brano ambizioso e complesso, «Rachmaniana»: «Lo sento vicino alla mia indole, e non si tratta solo di un’affinità culturale: ciò che condivido con lui, oltre allo spirito romantico, è l’inclinazione alla nostalgia. Me ne sono reso conto quando mi ritrovai per la prima volta lontano dalla mia famiglia. Ero andato a studiare in America, per alcuni mesi; avevo 18 anni: vedevo la nostalgia verso casa perfettamente riflessa dalla poesia musicale di Rachmaninov».
Si può trovare una significativa sintonia tra lo stile esecutivo di Trifonov e quello compositivo di Rachmaninov: «Per me la tecnica non è mai uno spettacolo fine a se stesso, il virtuosismo ci deve essere ma sempre al servizio della musicalità e dell’espressione». Allo stesso modo «di Rachmaninov si dice che ha il fuoco nella sua musica; è vero, è la fiamma accesa dal suo incredibile senso ritmico; ma anche in lui questa energia ritmica non è fine a se stessa, è base essenziale al suo discorso musicale».
Tra i quattro concerti lui preferisce il primo, «anche l’autore lo prediligeva, non capisco perché sia meno eseguito del secondo e del terzo; quello che più mi stupisce è il quarto, lì sperimenta cose nuove, cerca un nuovo linguaggio». Quanto al terzo, che ha suonato in tutto il mondo, «è incredibilmente complesso, esprime una potenza travolgente e allo stesso tempo è un’espressione sincera dell’animo del compositore: ci sono sviluppi che tolgono il fiato, sezioni che richiedono uno sforzo fisico notevole, pensate in una dimensione sinfonica; Rachmaninov fu un grande sinfonista ma anche un virtuoso acclamato, si può dire che sia vissuto in un’epoca sbagliata, ormai proiettata dentro il '900, mentre lui era l’ultimo dei romantici, erede dell’eroica stirpe dei pianisti compositori. Per tutto questo suonare il terzo è un’esperienza sfibrante ed emozionante».