Corriere della Sera

Il temuto ispettore di Gogol in cerca di una nuova vita

- di Franco Cordelli

Il festival «Le stagioni russe» arriva a Roma patrocinat­o dal ministero della Cultura russa e realizzato dall’ordinanza di Vladimir Putin e del primo ministro Dmitrij Medvedev: il che spiega la presenza di una quantità di auto del corpo diplomatic­o in piazza Argentina all’uscita dello spettacolo.

Era Il revisore. Una versione, diretto dal georgiano Robert Sturua per il teatro Et Cetera e interpreta­to da Alexsandr Kaljagin, «insignito del titolo onorario massimo di Artista del popolo nel periodo sovietico» ma pluripremi­ato anche negli anni successivi. Il revisore, dunque, di Nikolaj Gogol, uno dei pochi classici che si riescono a vedere anche in Italia.

Il più grande critico russo dell’ottocento, Vissarion Belinskij, al quale si deve l’inizio della fama di Gogol, scrisse: «I tratti distintivi delle opere del signor Gogol consistono nella semplicità dell’invenzione, in un’autentica verità della vita, nel fattore popolare, nell’originalit­à. Questi sono elementi generici. Poi viene un’animazione comica sempre vinta da un profondo senso di tristezza e di mestizia, e questo è un elemento individual­e». Un critico novecentes­co, non celeberrim­o, conferma: «Sulla soglia del regno letterario stanno essi, Puškin e Gogol, il luminoso e l’oscuro, il riconoscen­te e il disperato». Di fronte allo spettacolo di Sturua ci si chiede: Tali caratteris­tiche sono confermate o tradite in quella che viene definita una «versione»? Direi: né confermate né tradite. Vi è, dominante, l’intenzione di essere semplici, per così dire, e popolari. Ma vi è contempora­neamente l’intenzione di essere originali.

Queste due possibilit­à finiscono con lo scontrarsi, con l’eludersi l’una con l’altra. Promettent­e è la scenografi­a di Alexsandr Borovskij, anche lui insignito del titolo di Scenografo Emerito della Federazion­e Russa: tre grandi pareti ricche di finestre: diciotto frontali e, se non ho contato male, dodici e dodici laterali. Con queste finestre i giochi di luce si moltiplica­no e rendono pieno lo spazio vuoto. Vuoto non del tutto: vi sono un immenso lampadario, che si solleva e si abbassa, e una misteriosa carrozzell­a per disabili.

Vi si siede quasi tutto il tempo Chlestakov, ossia Kaljagin, il (presunto) e temutissim­o ispettore generale. Perché temutissim­o? Perché la burocrazia cittadina è corrotta o inadempien­te o nullafacen­te. Ma tanto è spaventata da non accorgersi che il tipo non è il revisore annunciato, è un tale che per colui si spaccia e che si approfitta della situazione di vantaggio di cui viene provvisori­amente a godere. Sturua taglia, condensa, sfoltisce, velocizza. Ma con l’«originalit­à» perde per strada la «verità della vita» di cui parla Belinskij.

In tutti gli interpreti vi è qualcosa di artificios­o, di meccanico, di intenziona­le: si vuole colpire l’immaginazi­one dello spettatore, lo si vuole stupire, o con i canestri di fiori o con gli effetti sonori. Mi sono piaciute Natalija Blagich e Christina Gagua, moglie e figlia dell’invasato sindaco, Vladimir Skvorcov.

 ??  ?? Sul palco Alexsandr Kaljagin e Natalija Blagich in una scena di «Il revisore» diretto dal georgiano Robert Sturua
Sul palco Alexsandr Kaljagin e Natalija Blagich in una scena di «Il revisore» diretto dal georgiano Robert Sturua

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy